Sovrana indiscussa della tavola pasquale partenopea, la pastiera rappresenta per i napoletani ciò che la cassata è per i siciliani: un capolavoro della pasticceria tradizionale di antica memoria.
In realtà “il classico dei classici” dell’arte pasticcera partenopea non si mangia solo a Pasqua anche se in questo periodo conosce maggiore fortuna grazie alla quale la sua fama è giunta a farla apprezzare ben oltre al di fuori dalla Campania, in tutta Italia e nel mondo, inclusa la Sicilia, anche se qui i dolci non mancano di certo.
Sebbene esistano diverse leggende sulle origini della pastiera napoletana molto affascinanti, la versione giunta ai nostri giorni è, molto probabilmente, opera delle suore di un monastero, come in Sicilia la pasta di mandorle e il trionfo di Gola , che unirono nella preparazione di questo dolce alla simbologia della Resurrezione, il profumo dei fiori dell’arancio dei giardini, il candore della ricotta, il giallo dorato del grano, che germoglia splendente come oro, le uova, simbolo di nuova vita, e , infine, il cedro e le spezie che profumano d’oriente.
Una volta diffusasi dai conventi nelle pasticcerie napoletane è divenuta, il dolce napoletano per eccellenza, al punto che si racconta che Maria Teresa D’Austria, sposa del re Ferdinando II° di Borbone, nota per la sua scarsa propensione al sorriso, cedendo alle insistenze del ghiotto marito, una volta assaggiata una fetta di pastiera finalmente sorrise, compiaciuta di gustare questa specialità napoletana. Pare che a questo punto il sovrano, dopo essersi rallegrato per il sorriso della moglie, si fosse immediatamente rattristato all’idea di dover attendere la Pasqua successiva per vederla sorridere ancora, ordinando che la produzione non fosse limitata solo al periodo pasquale.
Per tutti coloro che volessero cimentarsi nella preparazione di un dolce di antica memoria della pasticceria napoletana, riportiamo, di seguito, la ricetta della pastiera napoletana.