Giri di prestiti a strozzo con tassi d’interesse che potevano arrivare anche al 200%, in alcuni casi si impossessavano anche delle aziende delle vittime che non riuscivano a coprire il debito. La scoperta è dei Finanzieri del Comando Provinciale di Enna, coordinati dalla Procura. Le Fiamme gialle hanno messo in luce un vasto giro di usura, riciclaggio e utilizzo di fatture false gestito da due fratelli di Leonforte i quali, approfittando delle difficoltà economiche causate dall’emergenza Covid-19, si offrivano di prestare denaro a imprenditori locali in grave crisi di liquidità.
Sono state le Fiamme Gialle della Tenenza di Nicosia, che hanno arrestati i dei due presunti usurai adesso ai domiciliari. Scatta anche il sequestro di beni e somme per 400 mila euro, su disposizione del GIP di Enna al termine di un’indagine durata oltre un anno. In tutto sono 20 gli indagati a vario titolo per usura, estorsione, auto riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture false e dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Gli indagati avrebbero erogato prestiti di denaro agli imprenditori in gravi difficoltà economiche, aggravate dalla crisi Covid, ottenendo in cambio la promessa o la dazione d’interessi usurari, fino a giungere, in alcuni casi, ad appropriarsi delle loro aziende. E’ emerso che i due arrestati, una volta concesso il prestito e obbligata la vittima al pagamento mensile degli interessi, sempre superiori al limite massimo fissato dalla legge (cd. tasso-soglia), dinanzi alle prime difficoltà manifestate dagli imprenditori nei versamenti periodici, li avrebbero costretti a cedere, a titolo di garanzia, le proprie quote societarie, talvolta in modo occulto altre volte attraverso la loro formale acquisizione, accompagnata tuttavia da pagamenti fittizi. In altri casi, sin dall’origine la concessione del prestito sarebbe stata subordinata all’acquisizione delle quote societarie a titolo di garanzia e alla conseguente pretesa, per la restituzione del prestito e degli interessi, di una parte dei ricavi aziendali.
In seguito, se le attività o i ricavi delle aziende non si rivelavano sufficienti a garantire il pagamento degli interessi e la restituzione del capitale, veniva richiesto alle vittime, quale garanzia aggiuntiva, il rilascio di cambiali firmate “in bianco”, con l’intento in tal modo di prolungare il più possibile, anche con violenza e minacce, l’attività usuraria posta in essere dagli arrestati. Alcuni prestiti avrebbero raggiunto tassi d’interesse addirittura del 200% annuo. Sarebbe attorno ai 400 mila euro il guadagno illecito calcolato dalle fiamme gialle. Da qui il sequestro.