Resta in carcere l’operatore sociosanitario A. L., 39 anni, accusato di avere stuprato una disabile di 26 anni all’Oasi Maria Santissima di Troina. L’uomo, incastrato dal Dna , ha confessato di avere avuto un rapporto sessuale con la donna, che è incinta, durante il lockdown.
Scattato il fermo, questa mattina è arrivata la convalida dal Gip, Maria Luisa Bruno, del tribunale di Enna, la quale ha disposto la custodia cautelare in carcere.
Al momento non sono trapelate indiscrezioni sull’interrogatorio, non si sa, dunque se l’indagato si sia avvalso della facoltà di non rispondere o se ha confermato le dichiarazioni rese durante la confessione, nel corso della quale ha sostenuto di essere stato “provocato” dalla giovane, gravemente disabile psichica come conseguenza di una rara malattia genetica e che non si renderebbe conto di essere in attesa di un figlio.
Nessuna indiscrezione anche sul fronte delle indagini per accertare responsabilità nella catena dei controlli all’Irccs Oasi, struttura d’eccellenza per il ricovero e la cura dei gravi disturbi cognitivi, convenzionata con la Regione siciliana.
La famiglia è stata informata della gravidanza, giunta ormai alla 25/a settimana, solo il 10 settembre. Il giorno dopo, attraverso un avvocato, ha presentato la denuncia.
La violenza è avvenuta ad aprile, mentre all’Oasi si era sviluppato un focolaio di Covid-19 e mentre la vittima era ricoverata nel reparto allestito per i pazienti positivi al virus. Intanto, la famiglia della donna ha avuto il benestare per il trasferimento della giovane, che tra qualche mese darà alla vita il bimbo, in una struttura idonea.
Due giorni fa, la direzione sanitaria dell’Oasi di Troina ha diffuso una nota nella quale si legge: “Rispetto al nostro dipendente, un operatore socio sanitario e reo confesso per l’abuso sessuale nei confronti di una nostra assistita, sono già in corso i necessari provvedimenti disciplinari da parte dell’Istituto”.
Una storia squallida e drammatica, così la definisce la direzione sanitaria della struttura sanitaria che si trova nell’Ennese che si congratula e ringrazia la Polizia di Stato e la Procura di Enna che ha seguito le indagini. “Una svolta che ha certamente alleggerito il clima di sospetto – si legge ancora nella nota – che in questi giorni si stava diffondendo sia tra gli operatori della struttura, sia tra le tante famiglie legittimamente preoccupate e che vedono nel nostro Istituto un punto di riferimento per la gestione e l’umanizzazione delle cure”.
“Comprendiamo lo sconcerto delle famiglie – dice il presidente dell’Istituto Don Silvio Rotondo – che è anche il nostro e per i loro parenti qui ricoverati. Vogliamo rassicurare tutti che questo episodio va considerato un unicum che non può intaccare il lavoro professionale di tanti nostri operatori e per tanti anni. Come le nostre famiglie sanno noi ci facciamo carico dei nostri ospiti per ogni cosa, soprattutto per rendere la loro vita più serena.
Voglio sottolineare che nel nostro Istituto spesso sono presenti ricoverati che altre strutture con difficoltà riescono a prendere in carico. Mai i nostri ospiti hanno lamentato fatti del genere e, tranne in questo periodo di Covid, le famiglie possono sempre venire a trovare i loro cari e sono sempre in contatto con i nostri operatori”.
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