Quali sono i settori economici più impattati dall’epidemia del Covid19? Quali le città che risentono di più della crisi? Quali le ricadute negative sul lavoro? Uno studio di Cerved per ANCI ha analizzato l’andamento dell’economia in 93 città italiane. Uno studio in cui si monitora l’andamento di oltre 1.600 settori produttivi e circa 730.000 imprese e si quantifica l’impatto del Covid19 sul tessuto produttivo delle 93 città medie italiane in base a due scenari: uno soft di graduale e costante ripresa dell’economia dal secondo semestre 2020 e uno hard di persistenza della situazione emergenziale.
Secondo Cerved, tra i principali operatori italiani nella gestione del rischio di credito, lo shock economico generato dal Covid19 produrrà un impatto molto significativo sui sistemi produttivi delle città medie italiane che rappresentano una fetta importante del Pil nazionale, soprattutto in virtù della forte diffusione territoriale di poli industriali e distretti manifatturieri.
Lo studio dice che gli effetti saranno consistenti un po’ ovunque, con perdite di fatturato nel biennio 20-21 tra i 262 e i 344 miliardi di euro (circa la metà del totale nazionale) secondo lo scenario: quest’anno la contrazione sarebbe dell’11,9% nello scenario soft, con un rimbalzo nel 2021 del 10,5% che non riporterebbe però al livello del 2019 (-2,7%); in quello hard, la caduta dei ricavi sarebbe maggiore (-16,9%) e con un gap più ampio rispetto al 2019 (-3,9%). Tuttavia, l’impatto varierà notevolmente in base alla “specializzazione” dell’economia locale: il 34,9% del fatturato infatti si concentra in settori in cui l’impatto del Covid19 è particolarmente severo, con cali superiori al 25%, mentre i settori anticiclici incidono solo per il 13%. Le città medie con maggiore presenza di imprese fortemente colpite dalla pandemia sono Potenza (56,5% del fatturato), Chieti (56%) e Campobasso (54,7%), dove pesa l’automotive, ma anche Biella (55,7%), Prato (53%), Massa Carrara (52,9%), Frosinone (48,5%), Brescia (48%), Modena (47,4%) e Terni (46,3%).
Sul versante opposto, tra le città che evidenziano le quote più alte nei settori anticiclici troviamo Latina (37,8%), grazie al farmaceutico e all’agroalimentare, Imperia (30,3%), forte dell’industria olearia e della distribuzione alimentare moderna, Enna (26,8%), Nuoro (26,1%), Parma (23,5%), Benevento (22,9%), Brindisi (22,8%), Matera (21,3%), Perugia (21%) e Trapani (20.9%).
Considerando lo scenario soft, le 10 città che in percentuale quest’anno dovrebbero registrare le perdite maggiori sono dunque Chieti (-16,1%), Potenza (-15,9%), Campobasso (-15,8%), Pesaro Urbino (-15%), Aosta (-14,5%), Brescia e Arezzo (-14,3%), Livorno (-14,2%), Lecco (-14,1%) e Udine, mentre in cifra assoluta le città in maggiore sofferenza saranno Brescia, Verona, Bergamo, Vicenza, Treviso, Modena, Padova, Monza e Brianza, Varese e Reggio Emilia. Al contrario, le 10 città meno colpite in termini percentuali risulterebbero Latina (-5%), Oristano (-7,6%), Parma (-8,4%), Imperia (-8,5%), Ragusa (-8,7%), Enna (-8,8%), Barletta Andria (-8,9%), Nuoro (-9%), Ascoli Piceno (-9,1%) e Rieti (-9,3%).
Un’altra chiave di lettura riguarda la ricaduta sull’occupazione, visto che sono oltre 2 milioni in Italia i lavoratori impiegati nei settori più impattati dal Covid. In questo caso sono Brescia e Modena le città che in percentuale rischiano di perdere il maggior numero di posti di lavoro.
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