Il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana non avrebbe fatto alcuna comunicazione alla procura di Enna sull’avvio di un procedimento a carico del prete che avrebbe abusato di un minore. Lo conferma il procuratore di Enna, Massimo Palmeri, che dice: “Non abbiamo mai ricevuto niente dalla Curia. Siamo venuti a conoscenza del reato solo quando il giovane ha denunciato alla squadra mobile”.
Ieri il prelato aveva detto: “Sono offeso con la Procura che avrebbe dovuto informarmi mentre io allo stato attuale non so niente”. E in linea generale su presunti abusi da parte di religiosi ha affermato: “Con riguardo a dei casi che sono avvenuti nella mia diocesi io ho sempre attivato la procedura canonica informando le autorità ecclesiastiche”. Queste informazioni, secondo gli inquirenti, non sarebbero state date anche a loro.
“Mi hanno umiliato, hanno provato ad isolarmi e a comprarmi. Ma dopo un lungo travaglio interiore, ora ho trovato il coraggio di denunciare. Quello che ho subito io, non deve subirlo più nessuno”.
Lo ha detto ieri il giovane che ha denunciato presunti abusi sessuali subiti da quando aveva 15 anni da un prete di una parrocchia di Enna, “combattuto – spiega – tra la voglia di non tradire la Chiesa, a cui sono devoto, e la necessità di giustizia”. E sarebbe stata la “voglia di giustizia” a spingerlo a presentare una denuncia alla Procura, che ha iscritto il sacerdote nel registro degli indagati e affidato indagini alla squadra mobile della Questura.
L’uomo in precedenza, nel 2014, aveva raccontato ad un parroco di Enna degli abusi, che, secondo la sua ricostruzione, erano cominciati quando il sacerdote era ancora in seminario e si erano protratti per oltre 5 anni, dal 2008 al 2013, fino al raggiungimento della maggiore età della vittima, anche nella canonica della chiesa. Nel 2018, dopo un percorso avviato con uno psicoterapeuta, il giovane ha formalizzato una denuncia alla diocesi di Piazza Armerina.
Il vescovo, comunque, “esprime piena fiducia nella magistratura e offre collaborazione per l’accertamento della verità dei fatti”, nella eventualità che il caso fosse di sua competenza. Intanto il parroco accusato, che nel frattempo aveva fondato un’associazione che riunisce oltre 200 giovani, sarebbe stato spostato in una regione del nord Italia, ufficialmente per gravi motivi di salute.
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