Un progetto sinergico che prevede la collaborazione tra comune, Ministero della Giustizia e Movimento italiano per la gentilezza per il recupero di ragazzi in comunità di Palermo e provincia. E’ il progetto “Apriamoci alla gentilezza”, che è stato presentato oggi nella sala di Villa Butera al quale hanno partecipato le associazioni del terzo settore, e ancora
Daniele Vella, assessore alla cultura del comune di Bagheria, Natalia Re, presidente del Movimento Italiano per la Gentilezza, Biagio Sciortino presidente nazionale dell’ Intercear(Coordinamento nazionale dei coordinamenti degli enti autorizzati e accreditati)
e alcuni operatori UIEPE( Ufficio Interdistrettuale di Esecuzione Penale Esterna per la Sicilia) di Palermo ed utenti in carico alla comunità “Casa dei giovani” che stanno svolgendo un percorso di recupero.
L’incontro é stato moderato dalla giornalista Marina Mancini.
“Sono oltre cinquemila – spiega Natalia Re- gli utenti sottoposti a misure e sanzioni di comunità a Palermo, l’educazione alla gentilezza é fondamentale nel loro percorso di recupero e rinascita. Questo progetto segue quello che abbiamo già lanciato nel carcere Pagliarelli e abbiamo già preso in carico un condannato per sostenerlo nel suo processo di riabilitazione. Abbiamo già anche avviato un percorso di alfabetizzazione emozionale perché riteniamo che proprio partendo da lì, attraverso il controllo delle proprie pulsioni, è possibile accelerare e favorire quel processo di rieducazione e di rispetto prima di tutto della persona che noi vogliamo infondere”.
“È un’iniziativa lodevole quella che ci propone il MIG e che l’amministrazione comunale di Bagheria, guidata da Filippo Tripoli ha voluto spostare convintamente – ha detto l’assessore alla Cultura Daniele Vella – in un momento in cui c’è sete di gentilezza, di pace e di rispetto per il prossimo non possiamo che farci anche noi portavoce delle attività del MIG”.
“La comunità ricopre un ruolo fondamentale nel percorso di assistenza a questi ragazzi in comunità – ha aggiunto Sciortino – e la nostra presenza, il nostro supporto psicologico e non solo, sono determinanti in quel percorso che parte da un errore commesso e passa per la riabilitazione e la riconquista del diritto alla vita. Lo stigma che si portano addosso deve essere annullato contribuendo a infondere in loro la consapevolezza che il processo di cambiamento può avvenire, dipende dalla loro volonta’ e dalla nostra capacità di farci sentire come una presenza costante in questo importante percorso “.