Presidente del Consiglio dei Ministri

On. Georgia Meloni

Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie

On. Roberto Calderoli

Ministro per gli Affari Europei, Sud, il PNRR e le Politiche di Coesione.

On. Tommaso Foti

Ministro dell’Economia e delle Finanze

On. Giancarlo Giorgetti

Ministro delle Imprese e del Made in Italy 

On. Adolfo Urso

Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

Sen. Matteo Salvini

Ministro del Lavoro

Dr.ssa Marina Elvira Calderone

Presidente del CNEL

On. Renato Brunetta

Mezzi d’Informazione

Loro indirizzi


Ill.me Autorità in indirizzo

da tempo da più parti politiche si parla di differenziazione dei salari tra nord e sud, di gabbie salariali, di autonomia differenziata, di aree ZES, e del salario minimo per legge.

Tutti argomenti gestiti e trattati come improrogabili e necessari per alimentare investimenti e crescita economica del solo Nord.

Motivazioni che guardano esclusivamente agli interessi del sistema produttivo già presente nel nord italia e senza alcuna reale attenzione ai risvolti sociali ed economici che il sud si troverà a dover affrontare.

Ci riempiamo la bocca, un giorno si ed un’altro altrettanto, di voler combattere il Gap socioeconomico che dall’unità d’italia ad oggi assilla questa Nazione, ma nei fatti si ragiona solo sulla “necessità” di agevolare l’ulteriore sviluppo del già sviluppato Nord.

Diversi Enti socioeconomici come la CGA di Mestre o l’ODM Consulting di Milano continuano a certificare che già in Italia sono di fatto in atto le gabbie salariali, e le autonomie differenziate tra nord e sud ma non basta.

Sempre più importanti esponenti politici fanno rifermento ad una nuova terminologia per convincere il popolo, ed in particolare quello del Sud, che non possiamo più fare a meno della c.d. “contrattazione adattativa”, rispetto agli squilibri di carattere regionale, come se già non esistessero i c.d. “Contratti Integrativi” che diversificano i salari tra nord e sud.

Evidenziamo che il contratto collettivo nazionale è e resta l’unico strumento di coesione utile a garantire omogeneità.

Già oggi gli occupati nelle regioni settentrionali percepiscono una retribuzione media giornaliera lorda di 101 euro, mentre i colleghi meridionali con pari qualifica e ruolo, ne guadagnano 75, quindi i lavoratori del Nord portano a casa uno stipendio giornaliero del 35 per cento più “pesante” rispetto ai lavoratori del Sud.

Pensare di risolvere il problema dei salari “bassi” con l’istituzione di un salario minimo per legge, il famoso “mantra” dei 9 euro l’ora lordi, in questo contesto diventerebbe un ulteriore spartiacque tra nord e sud mettendo ulteriormente in crisi il sud Italia che si trasformerebbe sempre più in un grande bacino di “braccia” da intruppare nel tessuto industriale presente nel Nord.

Il Sinalp, in merito, ha sempre dichiarato che sarebbe sicuramente più corretto approvare una legge in grado di indicizzare i valori salariali previsti nei contratti collettivi nazionali ogni volta che andrebbero in scadenza e fino al loro nuovo rinnovo contrattuale.

In questo modo verrebbe eliminata la vergognosa “usanza” di rinnovare i CCNL con 8/9 ma anche 10 anni di ritardo rispetto alla loro scadenza.

La Lombardia con Emilia Romagna e Piemonte, sono le regioni con gli stipendi medi mensili più alti, rispettivamente 2.254, 1.960 e 1.957 euro al mese.

Mentre le regioni agli ultimi posti risultano essere la Campania con Sicilia e Calabria che possono annoverare una media stipendiale tra 1.181 euro e 1.347 euro al mese.

Già questi dati fanno capire anche ai più sprovveduti, che le “Gabbie Salariali” esistono già, quindi ci chiediamo perchè qualcuno ha risollevato il dibattito su questo argomento?

Con queste condizioni sociali ed economiche estremamente differenziate tra il nord ed il sud italia parlare di differenziazione dei salari tra nord e sud, gabbie salariali, di autonomia differenziata, aree ZES, e del salario minimo per legge, significherebbe perseguire pervicacemente la volontà distruttiva di questa Nazione, sicuramente nata male con l’occupazione ed il saccheggio “manu militare” del Sud, e cresciuta peggio con una programmazione di investimenti e strategie industriali rivolte solo al Nord.

A nulla valgono le abbondanti chiacchiere che a parole vogliono difendere il Sud ed il suo diritto ad una crescita socioeconomica in linea con il resto d’Italia.

Non possiamo più accettare dichiarazioni “razziste” che accusano la gente del Sud di “incapacità lavorativa”, di volontà sistemica ad essere “assistiti” dallo Stato.

Non possiamo più accettare le periodiche leggi che prevedono investimenti al Sud, ma parametrate per le aziende del Nord che arrivano nelle Regioni del Mezzogiorno come le cavallette di biblica memoria e brave solo ad intercettare i finanziamenti e ritrasferirli verso il Nord.

Come O.S. Sinalp chiediamo alle Autorità in indirizzo, ed ognuna per il proprio ruolo, di poter essere convocati affinchè si possa dare un reale contributo alla crescita del Sud Italia che diventa sempre più necessario ed impellente se non vogliamo distruggere, oltre al sud, anche quanto realizzato nel resto del nord Italia.

Il diverso tra Nord e Sud non è solo una questione di numeri, ma di equità e coesione sociale. Una strategia di crescita omogenea a beneficio dell’intera Nazione.

    La Direzione Regionale Sinalp Sicilia


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