La vicenda risale al 2010 quanto la Cassim. srl (già SOGEMA srl) ottenne dal Tribunale di Siracusa un decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di Augusta per un importo di € 2.314.262,15 a titolo di corrispettivi per lo svolgimento del servizio di pulizia, raccolta e smaltimento rifiuti solidi urbani.

Detto provvedimento non veniva opposto e il Comune provvedeva a saldare il debito.

Tuttavia, con grande stupore dei responsabili dei servizi dell’Ente, nel 2019 la Cassim. srl, attraverso la sua Curatela fallimentare, formulava istanza di ammissione del detto credito alla massa massiva, considerato che il Comune di Augusta nel frattempo era stato dichiarato in dissesto finanziario.

A prescindere dalla tardività della domanda, l’istanza veniva rigettata in quanto i responsabili dei servizi comunali dichiaravano che il credito era stato già integralmente saldato.

Ed è qui che viene il bello.

In verità il pagamento era stato effettuato nei confronti della Cassim srl (senza interpunzione).

Gli amministratori di allora della Cassim. S.r.l. ponevano in essere condotte fraudolente inducendo artificiosamente il Comune al pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo in favore della Cassim (senza interpunzione) s.r.l. piuttosto che della Cassim. S.r.l, fortemente indebitata verso l’erario, così da eludere il pagamento delle imposte arretrate ed aggirare così il meccanismo di cui all’art. 48 bis D.p.r. 602/73, distogliendo l’importo ingiunto dall’aggressione creditoria.

Gli amministratori della Cassim. (con interpunzione) S.r.l., infatti, fornivano, artificiosamente, gli estremi di conto corrente dell’ altra società, la Cassim (senza interpunzione) S.r.l., creata ad hoc con nome (Cassim S.r.l.) e sede legali assolutamente confondibili.

Su questa vicenda veniva parallelamente avviato un procedimento penale dinanzi il Tribunale di Siracusa, Sezione Penale, che ha visto coinvolti il Comune di Augusta, costituitosi come parte offesa, contro gli amministratori unici succedutisi nella gestione della Cassim. S.r.l., accusati, appunto, di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte,truffa in danno dello Stato e bancarotta fraudolenta per la distrazione del patrimonio della Cassim. (con il punto), procedimento conclusosi a febbraio 2020 con il patteggiamento da parte degli imputati.

Pur tuttavia con ricorso ex art 702-bis c.p.c., la Curatela del fallimento di Cassim. S.r.l – del tutto estranea alle vicende penali – ha citato in giudizio il Comune di Augusta contestando la mancata ammissione alla massa passiva e insistendo per il pagamento della somma di euro 2.314.262,15 per le medesime causali.

Si costituiva, quindi, il Comune di Augusta difeso dall’avv. Luigi Randazzo, con la collaborazione dell’avv. Angelo Bruno, dello Studio Gierrelex. Questi insistevano per il rigetto dell’ammissione al passivo in ragione dell’integrale pagamento effettuato, in buona fede, in favore di Cassim srl (senza interpunzione), apparente creditore, nei cui confronti chiedevano estendersi il contraddittorio al fine di essere eventualmente manlevata e concludevano chiedendo l’accertamento dell’insussistenza del debito ex art. 254, comma 4, T.U.E.L. e dell’effetto liberatorio ex art. 1189 c.c. del pagamento effettuato in buona fede al creditore apparente.

Secondo la difesa dell’avv. Randazzo, in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente, nell’ipotesi di pagamento al creditore apparente ex art. 1189 c.c. il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c., purchè, però, venga provato che l’erroneo convincimento sia stato determinato da un comportamento colposo del creditore che abbia fatto sorgere una ragionevole presunzione sull’effettività dei poteri rappresentativi del soggetto che riceve le somme.

Orbene, secondo il Tribunale di Siracusa, il Comune è riuscito a provare che la condotta fraudolenta, posta in essere dalla Cassim. Srl, è stata idonea a indurre in errore lo stesso Comune sull’identità del reale creditore.

La sentenza di patteggiamento ottenuta nel procedimento penale e prodotta nel giudizio civile presuppone, infatti, pur sempre un’ammissione di colpevolezza a carico dei soggetti coinvolti rispetto ai fatti oggetto di contestazione.

Il Tribunale di Siracusa, quindi, con sentenza dello scorso 8 ottobre ha rigettato il ricorso e condanno la Curatela al pagamento delle spese di lite in favore dell’Ente.

Esprime soddisfazione l’avv. Randazzo secondo cui: “Si tratta di una pronuncia che, in applicazione del principio dell’apparenza giuridica, ha messo in evidenza la buona fede delle parti coinvolte. E’ stata garantita tutela ad una di quelle situazioni di cosiddetto affidamento incolpevole, scongiurando, così, il rischio di una duplicazione di pagamenti, che avrebbe portato le casse dell’Ente al collasso”.


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