Il 27 maggio 2023 il nostro Paese ricorda il Centenario della nascita di Don Lorenzo Milani, sacerdote, insegnante, scrittore, educatore, rivoluzionario che valorizzò in modo personale e straordinario i contenuti della Costituzione italiana e la scuola, servizio all’uomo, momento fondamentale per la crescita della persona e strumento di uguaglianza sociale.
Il Centenario che avrà il suo momento più alto nella XXII Marcia di Barbiana e che si terrà sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica porrà l’accento sull’Opera pedagogica di Don Milani; saranno coinvolti in primis la Chiesa, la Scuola, il Ministero della cultura e dell’Istruzione e ovviamente i sindacati e la Regione Toscana. Tutti insieme quindi per ricordare un uomo eccezionale che attraverso la sua scuola popolare, e il suo motto “I CARE”: mi interessa, ho a cuore, ha cercato di ridare la parola agli ultimi e colmare il divario tra le classi sociali.
Don Lorenzo nacque a Firenze il 27 maggio 1923 in una famiglia ricca, borghese e laica. Fu grazie alla passione per la pittura che iniziò a leggere il Vangelo. Non ancora ventenne maturò la vocazione che lo portò a entrare in seminario a Firenze dove fu ordinato prete.
Girò diverse città prima di essere confinato a Barbiana con la nomina di priore: era un uomo esigente e scomodo, Don Lorenzo, e per tale ragione la sua parola di fuoco fu collocata sui monti del Mugello.
Proprio qui, però, tutto ebbe inizio. Nella piccola parrocchia di montagna, organizzò infatti, una scuola popolare nella quale i bambini della scuola elementare statale, negli anni’50, potevano recarsi nel pomeriggio per svolgere il doposcuola; non era facile convincere i genitori a mandare i propri figli nella canonica della parrocchia a studiare le lingue straniere, teatro, a parlare del mondo, ma Don Milani ci riuscì perché il suo credo “I CARE”, mi riguarda, mi prendo cura, pian piano fu capito e condiviso dalla sua comunità.
Tutto ciò che Don Milani ha realizzato, tutte le sue riflessioni sulla scuola del tempo, tutto l’impegno profuso per educare, assistere e far crescere i figli di tutti, è ben espresso in Lettera a una professoressa, libro straordinario che denuncia lo sterile classismo della scuola italiana ed è diventato uno dei testi emblema del ‘68 italiano. Il libro fu accolto, inoltre, con grandissimo entusiasmo da molti intellettuali del tempo e da un passionario Pier Paolo Pasolini.
Fu maestro Don Lorenzo Milani, dunque, prima ancora di essere prete.
E fu maestro di uomini e donne a cui la vita aveva negato la possibilità di poter leggere un libro o scrivere il loro nome; fu maestro di braccianti, pastori, contadini, operai e figli di nessuno; fu maestro in una realtà rurale arretratissima che diventava, senza volerlo, complice di una società profondamente divisionista e classista.
IL Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ritiene importante far conoscere la storia di Don Milani, la sua esperienza educativa e didattica, le sue parole, i suoi insegnamenti e il suo contributo per migliorare la comunità attraverso la scuola, il luogo del superamento delle ingiustizie sociali: “Se si perdono i ragazzi più difficili, la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Crediamo inoltre che in questo particolare momento storico sia importante chiederci se oggi la scuola assolve in pieno il suo compito che è quello di realizzare un luogo di crescita sociale e intellettuale per tutti, luogo dove le disuguaglianze si possano livellare; se riesce a costruire relazioni umane lavorando su “esemplarità, azione didattica e onestà intellettuale” e soprattutto se è riuscita, in tutti questi anni, ad abbattere quei gap sociali limitanti e pregiudicanti che Don Milani ha cercato di accorciare durante l’intera sua vita.
Per il Centenario della nascita di Don Milani chiediamo ai colleghi-docenti della scuola italiana di “mettere in marcia” i propri studenti e portare nelle classi la storia di quest’uomo straordinario, parroco, insegnante, scrittore, educatore e rivoluzionario, che ha insegnato a tantissimi bambini, giovani e adulti, di quell’Italia ancora fragile e miope del dopo guerra, che la scuola ci tiene a tutti suoi studenti, che l’uso della parola equivale a ricchezza e libertà, che solo riconoscendo il pensiero critico di tutti si affermerà l’uguaglianza sociale.
prof.ssa Rosa Manco
CNDDU
Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.
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