Un grande applauso ha salutato ieri sera al Bellini la prima proiezione de “Il Sud non ha bisogno di lacrime”, docufilm con cui l’Accademia di Belle Arti di Catania, presieduta da Lina Scalisi e diretta da Gianni Latino, ha voluto rendere omaggio alla memoria di Giuseppe Giarrizzo (Riposto 1928 – Catania 2015), storico per formazione e professione ma anche “storico” preside per quasi trent’anni della Facoltà di Lettere (oggi Disum) dell’Università di Catania. La serata, aperta al pubblico, ha visto anche la partecipazione di oltre 150 storici riuniti in questi giorni al Monastero dei Benedettini per l’assemblea della Sisem (Societa italiana per la Storia dell’età moderna). Al termine della presentazione, condotta dal giornalista Giuseppe Di Fazio, a raccogliere l’applauso dei presenti erano docenti e allievi dell’Accademia che hanno lavorato al documentario, diretto da Maria Arena con il soggetto di Peppino Ortoleva. La proiezione è stata preceduta dalla consegna del Premio Giarrizzo a Gabriella Desideri per la miglior tesi di dottorato in Storia moderna e contemporanea dell’ultimo quadriennio. Il riconoscimento, assegnato dalla Fondazione “Giuseppe e Maria Giarrizzo”, è stato consegnato dal rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo.

 

A raccontare la sfida del docufilm – raccontare uno storico con un strumento audiovisivo – e lo sguardo sull’intellettuale è stato Peppino Ortoleva, voce narrante del cortometraggio che sullo sfondo della Catania contemporanea e dei suoi monumenti – con rari e preziosi contributi d’epoca delle Teche Rai – incrocia studiosi, colleghi ed allievi di Giarrizzo. “E’ un vero e proprio ritratto – spiega – che usa il linguaggio delle immagini e dei suoni per confrontarsi con una difficile sfida: permettere allo spettatore di incontrare le idee, le ricerche, la persona. Al contrario della diffusa rappresentazione di un Sud povero e “immobile” Giuseppe Giarrizzo ha ricostruito la storia di una società complessa, fatta di città oltre che di campagne e capace sempre di una vivace vita economica e culturale. Lui, intellettuale apprezzatissimo anche dalla comunità internazionale, ha fatto scelte coerenti con quella visione, decidendo di vivere e lavorare a Catania e di realizzare importanti e innovativi progetti anche urbanistici come la trasformazione del Monastero dei Benedettini in sede universitaria, e offrendo le sue riflessioni anche al grande pubblico come editorialista del quotidiano La Sicilia”.

Lina Scalisi, da tre anni presidente dell’Accademia, ha spiegato le ragioni della scelta: “Si voleva restituire il pensiero e la statura intellettuale di questo grande storico ai più giovani, convinti che il suo pensiero sul Mezzogiorno sia di grande attualità: da una parte il rischio del Mezzogiorno di essere abbandonato dai suoi giovani vedendo allentate tutte le misure necessarie alla sua crescita economica, culturale e sociale; dall’altra, la straordinaria possibilità racchiusa nella sua posizione geopolitica che lo colloca al centro di politiche euromediterranee e globali sul versante delle risorse energetiche, dei traffici commerciali, delle colture specializzate, del suo straordinario patrimonio culturale. Di questa riflessione – prosegue Scalisi – la Scuola di Cinema, Fotografia e Audiovisivo dell’Accademia di Catania è stata l’officina creativa. Abbiamo intercettato un’urgenza contemporanea cui non sono esclusi i giovani siciliani: formare professionisti di alto livello nel campo della produzione cinematografica”. Un’esigenza sempre crescente se solo si pensa ai numeri dell’industria dell’audiovisivo, alle piattaforme di distribuzione in streaming e ai loro palinsesti con film e serie tv on demand.  

Lo ha sottolineato il direttore Gianni Latino, che nel suo intervento ha spiegato come “nell’arco di 55 anni l’Accademia di Belle Arti di Catania istituita nel 1968 si sia sempre evoluta, aggiornando i corsi e assecondando le istanze del tempo e le sfide della tecnologia e dei nuovi linguaggi multimediali. Un processo di crescita e di innovazione costante che oggi, con 2500 allievi iscritti, ne fa la quarta d’Italia”.

Di “ricerca condivisa da consegnare alla comunità” ha parlato infine Maria Arena, documentarista, coordinatrice del Corso di Cinema dell’Accademia e regista del cortometraggio. “Come regista di documentari sono fermamente convinta che il genere ha oggi, più che in passato, la possibilità e il compito di far emergere tematiche e storie utili alla conoscenza e al pensiero: occasione per riflettere sul presente anche alla luce di prospettive originali come quella di Giuseppe Giarrizzo sul Mezzogiorno, frutto dell’impegno di una vita nella ricerca e nello studio”.

Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.