Siracusa, 19.03.2025 – Prevista per giovedì 20 marzo alla Corte D’Appello di Catania II sez. penale, la nuova udienza per l’omicidio colposo del 21enne siracusano Stefano Biondo. Alla sbarra, unico indagato per la morte del giovane disabile psichico, Giuseppe Alicata l’infermiere dell’Asp di Siracusa ritenuto responsabile di aver provocato il soffocamento di Stefano e per questo motivo condannato in primo grado nel 2018 a due anni di reclusione e il risarcimento alla famiglia della vittima.
Dopo il rinvio dello scorso settembre, ultimo di una lunga sequela susseguitasi nel corso di questi quattordici anni, in questa occasione saranno presenti i familiari di Stefano Biondo con in testa la sorella Rossana La Monica. Fu proprio lei in quel lontano 25 gennaio 2011 ad assistere impotente agli ultimi attimi di vita del fratello. Un dolore immenso e difficilmente descrivibile che ha segnato nel profondo Rossana, fondatrice dell’Associazione Astrea in memoria del giovane Stefano, e che l’ha spinta in questi anni a non arrendersi, continuando a chiedere a gran voce che sia fatta giustizia. Di seguito il suo appello:
“Dopo più di 14 anni sarà finalmente la volta buona che verrà fatta un minimo di giustizia per Stefano, il mio fratellino? Dopo innumerevoli rinvii, spero tanto che questo doloroso e surreale iter giudiziario di un figlio di un Dio minore finisca.
Continuo a dirmi e a dire al mondo che per Stefano ha fallito la natura, ha fallito la sanità, non deve e non può fallire anche la giustizia!!
Due anni di pena per omicidio colposo, sono una beffa per aver tolto la vita ad un ragazzo di soli 21 anni, meno di un furto di arance!
Ci siamo dovuti battere con le unghie e con i denti per ottenere un barlume di giustizia, sin dall’inizio di questo iter giudiziario, allibiti, ci siamo dovuti opporre ad un’immotivata richiesta di archiviazione.
Per poi assistere a innumerevoli, troppi rinvii con tutto il pathos e l’emotività che ogni udienza comporta e rivivere all’infinito quel fatidico giorno quando trovai mio fratello a terra cianotico e legato con un cavo elettrico.
Rivivere i miei disperati tentativi di rianimarlo, nell’indifferenza dei presenti.
In questi anni abbiamo subito e sopportato tanto, persino che l’imputato, che non ha mai chiesto scusa, ci abbia denunciato per averlo chiamato “assassino” mentre lui in aula leggeva tranquillamente il giornale.
Stefano è morto per mano di chi avrebbe dovuto curarlo ed assisterlo invece di provocarne la morte, e che morte! Adesso è compito della magistratura far luce sulle responsabilità di questa barbara uccisione, perché casi del genere non si ripetano mai più!
Noi dal canto nostro, abbiamo fatto la nostra parte, era il 31 ottobre del 2012 nacque l’associazione Astrea, dal nome della Dea della giustizia, nel giorno del compleanno di Stefano.
Al mio adorato fratellino ho voluto dedicare un dono speciale, come tutrice e mamma putativa di quel bambino innocente che amava i treni, le feste e i gelati. Ho sentito di farlo in sua memoria, non solo per avere giustizia ma per aiutare tutte le fasce deboli della città.
Da quel giorno non ci siamo più fermate io e la nostra numerosa, meravigliosa famiglia Astrea.
Da oltre quattordici anni, Astrea ha fatto e continuerà a fare molto per la comunità ed il territorio, con la forza e la determinazione che ci contraddistingue.
Dimostrateci una volta per tutte che il bene genera bene!
Giustizia per STEFANO!”
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