L’aspirazione ad una Repubblica Presidenziale, che la Destra italiana ha coltivato per
decenni, ha una sua valenza oggettiva sul piano del superamento di un sistema
parlamentare, che ha sempre avuto il limite di governi deboli e con scarsa capacità
di continuità ed incidenza, specie in riferimento alle riforme.
Ma, come spesso accade in Italia, una ipotesi lineare di una democrazia
presidenziale alla francese, che personalmente ho sempre pensato fosse la
soluzione più vicina alle nostre tradizioni politiche, ma anche statunitense, magari
con contrappesi più incisivi di quelli esistenti negli U.S.A., non poteva essere presa in
considerazione, non perché non fosse la cosa giusta, ma semplicemente perché è
nel DNA della nostra classe politica, il virus dell’UCCS (ufficio complicazione cose
semplici) e quindi si è preferita la scelta dell’oggetto misterioso del Premierato che,
lungi dall’essere una trovata intelligente, è un sistema alieno, sconosciuto e
misterioso, con tanti difetti e di fatto nessun pregio, che non risolve nessuno dei
processi di cambiamento che dovrebbero innescarsi con la sostituzione della forma
di governo Parlamentare con quella appunto Presidenziale.
Non starò a elencare adesso tutti i limiti della proposta di Premierato, ben
conosciuti, a partire dall’inesistenza, non a caso, di precedenti storici di ricorso a tale
forma di governo, ad eccezione di un brevissimo e subito dopo abolito tentativo
dello stato di Israele, o dell’assenza di un tetto minimo per l’elezione, anche per
giustificare il 55% di maggioranza parlamentare assegnata al vincitore, al di sotto
della quale ricorrere al ballottaggio, e tante altre discutibili peculiarità della
proposta, ma vorrei concentrare questo intervento su due aspetti fondamentali, per
sottolineare la differenza tra democrazia e democratura, per chiarire il rischio che
corre il Paese.
Intendo alludere alla esigenza preliminare ad ogni modifica costituzionale possibile,
della riforma della legge elettorale, con la restituzione del diritto di scelta ai cittadini
dei loro parlamentari alla Camera e al Senato, ed alla assoluta priorità di introdurre
la garanzia dei contrappesi, che sono lo strumento fondamentale per garantire la
Democrazia.
Appare incredibile che il dibattito, anche da parte delle opposizioni al governo
Meloni, non ha fino ad ora, almeno nelle cronache dei media, toccato nessuna di
queste due questioni, che al contrario appaiono fondamentali, oltre che
necessariamente propedeutiche a qualsiasi operazione di riforma costituzionale.
Incredibilmente il problema principale sembrerebbe addirittura quello di non
offendere i sentimenti del Presidente della Repubblica in carica, e quindi di evitare
una qualsiasi riduzione dei suoi poteri, che invece di fatto sono fortemente ridotti, e
si sarebbe deciso lo strano oggetto del Premierato, apparentemente solo per
questo, inventando un meccanismo barocco, appunto per giustificare la parità, che
però non c’è, tra Premier eletto dal popolo e Presidente della Repubblica eletto dal
Parlamento.
Ma non si può fare alcuna riforma seria se il problema diventa personale,
confondendo l’uomo con la carica.
Le riforme costituzionali si devono fare con una visione dei guasti del passato e del
presente, e le soluzioni per il futuro.
Per questo occorre metter da parte il Premierato e piuttosto tornare ad una visione
di Presidente della Repubblica eletto dal Popolo, così come ad un Parlamento eletto
dai cittadini e non nominato dai capi partito, che sono anche i candidati al
Premierato, perché si creerebbe solo un sistema dell’uomo o della donna soli al
comando, perché con un parlamento come quello in carica di nominati, non c’è
alcun contrappeso, ma solo yes-man pronti a qualsiasi obbedienza, pur di
mantenere la poltrona.
Il 21 dicembre prossimo sarà il diciottesimo anno da quando fu approvato lo
sciagurato sistema elettorale del “Porcellum”, e da allora l’Italia vive la tragedia
dell’assenza quasi totale di parlamentari in rappresentanza dei territori, che sono
lasciati a se stessi, come dimostra l’assurda vicenda dell’Autonomia Differenziata,
che registra incredibilmente l’assenza di qualsiasi difesa del Mezzogiorno da parte di
nessun parlamentare della maggioranza, malgrado sia chiara la conseguenza
devastante di una riforma che di fatto abolirà il Sud e non solo.
Se non si ritorna alla restituzione del diritto di scelta ai cittadini elettori dei
Parlamentari, e si dovesse approvare la riforma del Premierato con gli yes-man in
parlamento, sarebbe la fine della Democrazia e l’inizio di un’altra narrazione più
somigliante alla logica della Democratura.
On. Nicola Bono
Presidente Europa Nazione