Martedì 25 luglio alle 19.30, nell’Area Archeologica di Morgantina, per il BarbablùFest, la rassegna nata nel 2021 da un’idea di Pietrangelo Buttafuoco, che vede anche quest’anno la direzione artistica di Giuseppe Dipasquale e l’organizzazione e la produzione di Terzo Millennio e che andrà in scena fino 5 agosto, Il Derviscio di Bukhara.
Lo spettacolo, scritto da Alberto Samonà, conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente e dell’Asia:un viaggio, che attraverso narrazioni, musica e danze sufi e persiane, permette di incontrare la spiritualità dei dervisci, di cui Bukhara, città nel cuore dell’Asia Centrale, fu in vari periodi uno dei centri più importanti.
“Tra simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo – spiega Alberto Samonà – Il derviscio di Bukhara non è uno spettacolo teatrale, musicale o di danza, ma un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo che si dischiude in una dimensione senza tempo, ancorché antica di secoli. Un gesto di ringraziamento e al tempo stesso, una preghiera. È un incontro fra tradizioni: la spiritualità dell’Asia Centrale, le danze dei dervisci e quelle di più marcata influenza persiana, la musica sufi dell’area turco ottomana e del vicino Oriente e le narrazioni circolari e rituali dell’Asia. Un incontro che è metafora di un viaggio lungo la “Via della Seta”, di cui la città di Bukhara fu tappa fondamentale, meta di viaggiatori di ogni provenienza che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva e congiunge, spiritualmente e culturalmente, Oriente e Occidente, fino al Mediterraneo”.
Le narrazioni vedono protagonisti Stefania Blandeburgo e Davide Colnaghi, musica e canti sufi Tito Rinesi & Ensemble Dargah: Tito Rinesi (voce, tamburo a cornice, saz), Piero Grassini (oud e voce), René Rashid Scheier (flauto ney) e Flavio Spotti (percussioni e voce). Per le danze dei dervisci e le coreografie sul palcoscenico Grazia Cernuto (danze persiane) e Amal Oursana (danze sufi).
Al centro della vicenda narrata c’è l’arte dei tappeti, che in questi luoghi si tramanda da sempre e che schiude alla conoscenza di antichi saperi. Ma è anche un racconto d’amore: fra i riferimenti e le fonti a cui si ispira lo spettacolo, infatti, vi sono fiabe e poemi orientali, fra cui la storia di “Leyla e Majnun” di Nizami Ganjavi, poeta persiano del XII secolo d.C. Il testo è, inoltre, arricchito dall’inserimento di racconti della tradizione del Sufismo.
Le armonie musicali e i canti patrimonio dei dervisci accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze sacre danno la possibilità di scoprire un universo sacro che congiunge il nostro piano con quello divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, propria della tradizione dei cantastorie erranti d’Oriente.
Il derviscio di Bukhara può, dunque, essere considerato come la ricerca di un incontro con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.
Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.
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