Il 14 maggio del 1931 Arturo Toscanini è a Bologna per dirigere un concerto al Teatro Comunale, e dei ministri in visita da Roma vogliono imporgli di suonare l’inno fascista “Giovinezza” in apertura della serata. Toscanini – geniale, quanto testardo – si rifiuta, dando inizio a una negoziazione spasmodica e surreale che coinvolge tutta la città. Il romanzo “A morte Toscanini!” (Bertoni Editore) di Stefano Casertano racconta questa vicenda, ispirandosi a diversi resoconti sulla giornata raccolti in archivi e biblioteche italiane.
INTERVISTA ALL’AUTORE
1/ Il tuo rapporto con la scrittura?
Penso che leggere sia ancora più importante di scrivere: nella società della distrazione, sviluppare la capacità di seguire una narrazione complessa è importantissimo. Da questo dipende la nostra capacità di pensiero astratto e critico: leggere è libertà; e poi senza saper leggere non si può scrivere (almeno penso; ma ci saranno sicuramente eccezioni). Poi scrivo per mestiere: lavoro nel cinema anche come sceneggiatore.
2/ Come nasce l’idea del tuo nuovo manoscritto?
L’episodio degli schiaffi a Toscanini è noto e ignoto allo stesso tempo: se ne è sentito parlare, ma nessuno sa esattamente cosa sia successo. Ho cercato testimonianze in archivi in tutt’Italia, cercando di capire meglio come sia andata – e ogni testimonianza sembrava diversa dall’altra. La difficoltà è anche dovuta al problema che già la mattina dopo Mussolini cercò di alterare la vicenda; e perfino Leo Longanesi, presente ai fatti, si attribuì surrettiziamente il “merito” di aver schiaffeggiato il Maestro. Alla fine ho derivato una versione dell’incidente che, a mio avviso, non è solo plausibile, ma anche l’unica possibile. Il libro è però in parte romanzato, offrendo un ritratto movimentato dei rapporti tra cultura e potere all’inizio degli anni trenta.
3/ Raccontaci i luoghi dov’è ambientato?
Le vicende si svolgono nell’arco di 24 ore, il 14 maggio del 1931, a Bologna. La città era in veloce rinnovamento: dopo le rivolte rosse degli anni precedenti, il fascio voleva farne un esempio di progresso, tanto che i podestà che si erano succeduti – prima Arpinati, e poi Berardi – avevano messo in piedi strutture come la fiera del Littorale, il nuovo mercato ortofrutticolo (con una splendida “copertura a vele” in cemento armato) e la funicolare per Colle San Luca. La funicolare in particolare è presente più e più volte nel racconto; ma si toccano tutti questi luoghi.
4/ Parlaci dei personaggi del tuo romanzo?
Il protagonista indiscusso è il divo Toscanini, prima “rock star” della musica, dal carattere capriccioso e d’indole testardissima, ma dotato di un talento impareggiato. A lui si oppongono il ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, borioso e prepotente, cui fa da contraltare il sottosegretario agli Interni, Leandro Arpinati, freddo e calcolatore. Questi due rappresentanti del regime sono in visita a Bologna e pretendono che Toscanini esegua l’inno fascista “Giovinezza” in apertura di un concerto al Comunale, ma Toscanini – insofferente a qualsiasi imposizione – si rifiuta. A mediare è chiamato un uomo del tutto impreparato alle circostanze: il direttore del comunale e vice-podestà Giuseppe Lipparini, pressato anche dalla moglie di Toscanini, la carismatica Carla De Martini. La natura più popolare del fascismo bolognese è rappresentata invece da un personaggio composito, il miliziano Casellati; e quella più arrivista dal federale Ghinelli, preso da tormenti d’amore proprio in quelle ore concitate.
5/ Com’è nata la scelta del titolo?
“A morte Toscanini!” è il contraltare oscuro e ideale al “Viva Verdi!” che aveva ispirato il Risorgimento. Dopo i fatti di Bologna Toscanini annullò tutti i suoi impegni in Italia e sei anni dopo emigrò perfino negli Stati Uniti. Ebbe la sua rivincita dopo la guerra, quando diresse il concerto di riapertura della Scala, rimessa in piedi dopo i bombardamenti.
6/ Quali saranno le prossime iniziative relative al libro (presentazioni, fiere, firma copie, …).
Questo è rimesso alla saggezza dell’editore!
7/ Se dovessi scegliere una frase del tuo nuovo ultimo romanzo, quale sceglieresti e perché?
La frase che racchiude tutto è nel titolo.
8/ Se dovessi scegliere tre aggettivi per rappresentare il tuo ultimo libro quali sceglieresti.
Ribelle, divertente, libero.
9/ In quale o quali generi letterari incaselleresti il tuo libro?
Nel genere assai poco frequentato della “commedia storica”.
10/ È importante scrivere, ma è sicuramente più importante leggere: le tue letture preferite
Sono cresciuto con gli umoristi inglesi come JK Jerome, Gerald Durrell e PG Wodehouse, di cui adoro il ciclo di Blandings. Mi piace molto la letteratura americana: John Fante, David Foster Wallace, e Henry Miller, tanto che recentemente sono stato a Big Sur a esplorare i suoi luoghi. Poi Philip Roth (che avrebbe dovuto vincere il Nobel), Paul Auster (anche lui Nobel mancato) e John Steinbeck (che invece l’ha vinto). Sono tra i pochi a pensare che la “Crocifissione Rosea” di Henry Miller si avvicini molto all’idea di “Grande Romanzo Americano”, con la sua poesia dell’individualismo (ma ci si avvicinano ovviamente anche “Underworld” di Don DeLillo, “Furore” di Steinbeck, “Chiedi alla Polvere” di Fante e “Pastorale Americana” di Roth; e sicuramente “Infinite Jest” di DFW). Mi ha commosso “Il museo dell’Innocenza” di Pamuk, che parla del diventare (o dello scoprirsi?) artisti. Tra gli italiani, ho adorato Daniele Del Giudice e trovo Massimiliano Parente e Francesco Pecoraro straordinari; e ho un apprezzamento particolare per Elsa Morante, Maria Bellonci e Lalla Romano. Ho letto James Joyce e trovo che l’Ulisse – romanzo del tutto – sia a ragione uno dei canoni della cultura occidentale. Joyce però non è uno scrittore: è una setta.
Luogo: PERUGIA, PERUGIA, UMBRIA