Essere donna ed avere una malattia rara del sangue che ti costringe a continue trasfusioni. L’8 marzo la Fondazione Franco e Piera Cutino ha scelto di rendere omaggio a queste donne, raccontando sulle proprie pagine social le storie simbolo di sei di loro, dal Sud al Nord del Paese.

Donne di età diversa che nonostante la talassemia o l’anemia falciforme sono mamme, attiviste, imprenditrici, ed esempi per chiunque si trova nella medesima condizione.

“La narrazione è uno strumento importantissimo per contrastare pregiudizi e false convinzioni”, dice Giuseppe Cutino, presidente della fondazione. “L’epoca in cui viviamo è di forte affermazione dell’identità femminile – aggiunge – Crediamo che le donne abbiano molto da insegnare anche nel rapporto con la vita e la sofferenza”.

Aghate Wakunga, 44 anni, ne è la testimonianza lampante. Nata in Congo vive dal 2001 a Treviso, dove ha raggiunto una delle sue sorelle. Affetta da drepanocitosi, una forma di anemia grave anche se ancora poco conosciuta, in Italia è riuscita ad avere le cure e il sostegno che sperava al Centro di oncoematologia di Treviso ed oggi è mamma di un ragazzo di 16 anni oltre che un’estetista realizzata. Con l’associazione che ha fondato – Ushindi ODV Sickle Cell Victory – inoltre, va nelle scuole e nelle aziende del Veneto per promuovere la conoscenza sulla drepanocitosi e sulle donazioni di sangue “da cui dipende la vita di tante persone come me”, dice.

A Palermo, Emanuela Mineo, 41 anni, moglie e mamma, è responsabile di una casa per anziani e si prende cura di altre fragilità. Enza Ricotta, 34 anni, invece, ama scrivere e divertirsi. La malattia non l’ha fermata nelle sue passioni, tra cui viaggiare. Il suo motto è: “Si può soffrire nella vita ma non bisogna mai piangersi addosso”.

Donatella Mucciato, 46 anni, vive a Torino. La talassemia non le ha impedito di conquistarsi un ruolo all’interno di una multinazionale. Stessa storia per Barbara Pisano, 52 anni, che vive e lavora a Milano come Controller in un’azienda IT.

Infine, la storia di Talatou Clementine Pacmogda, 46 anni. Originaria della Costa d’Avorio ma cresciuta nel Burkina Faso, affetta da anemia falciforme fin da bambina, anche se la malattia le è stata diagnosticata in età adulta. In Italia è arrivata nel 2008 grazie ad una borsa di studio di dottorato alla Normale di Pisa e ad una forte determinazione che le ha permesso di prendere il diploma e poi la laurea nel suo paese tra mille difficoltà. Sulla sua storia, piena di sofferenza ma anche di importanti incontri e grande forza d’animo, ha scritto un libro (Nonglem, Europa edizioni). Oggi vive a Verona. È sposata e madre di una bambina di 9 anni e ricercatrice all’Università di Napoli Federico II. Il suo libro parla della voglia di riscatto che passa attraverso l’impegno, l’istruzione, la fatica, sempre all’insegna della condivisione e della fratellanza.


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