Commemoriamo oggi, 18 luglio, Vittorio Scifo, padre affettuoso, la cui figlia Patrizia venne strappata alla vita dalla criminalità; con determinazione cercò le cause della sua morte e a sua volta fu travolto dalla violenza mafiosa a Niscemi in provincia di Caltanisetta nel 1983. Attraverso una ricostruzione giudiziaria e la testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia si accertò che ad assassinarlo fu il killer Giovanni Passaro, legato al clan degli Spatola in quanto faceva troppe domande in merito alla scomparsa di sua figlia.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani, ricorda proprio per quello che rappresenta attraverso le parole del giovanissimo studente Carlo Mancuso, della classe I sez. D, del Liceo scientifico Filolao di Crotone:

“Vittorio Scifo nacque nel 1937 ad Acate, in provincia di Ragusa. Capì molto presto che la sua passione era la magia, iniziò a farsi chiamare mago di Tobruk e aprì uno studio a Roma. Qui si sposò con una ragazza di nome Angela e da questo matrimonio nacquero due bambine Amalia e Patrizia. Iniziò a vivere a Niscemi dove la moglie aprì un bar mentre lui diventò molto famoso anche all’estero e iniziò a partecipare a diverse trasmissioni televisive. Sua figlia Patrizia, ormai diciassettenne, si innamorò di un malavitoso di nome Giuseppe Spatola con il quale si sposò ed ebbe una bambina, nonostante la disapprovazione della famiglia. Molto presto Giuseppe si rivelò violento e Patrizia decise di denunciarlo.

Il 18 giugno del 1983 Patrizia scomparve senza lasciare alcuna traccia e Vittorio iniziò a cercarla. I sospetti caddero subito su Giuseppe, il quale aveva un alibi di ferro, ma Vittorio non si arrese.

A un mese dopo la scomparsa della figlia, Vittorio si trovava fuori il bar della moglie, quando uno sconosciuto lo chiamò per nome e gli sparò con una pistola, uccidendolo sul colpo. La teoria più accreditata è che Vittorio scoprì qualcosa che avrebbe portato ad una svolta nel caso riguardo la scomparsa di Patrizia e per questo venne eliminato.

Un padre non si può arrendere di fronte alla scomparsa di una figlia e Vittorio cercò di indagare sulla scomparsa di sua figlia, probabilmente era sulla strada giusta perché la mafia si è sentita minacciata, braccata così ha eliminato Vittorio. Quando vediamo i film sulla mafia in TV le parole più utilizzate da chi interpreta i mafiosi sono famiglia, rispetto e onore, ma non combaciano con il nostro concetto di famiglia, rispetto e onore, sono stravolti, modificati. Infatti la criminalità organizzata non ha considerazione delle famiglie, dei sacrifici che una famiglia mette in atto per crescere e dare un futuro ai propri figli, perché se così fosse non punterebbero le armi contro padri di famiglia e neanche contro i propri figli quando non vogliono accettare le regole della “famiglia”.”

Ricordare Vittorio significa restituire giustizia a un padre amorevole che non aveva accettato la morte ingiusta della figlia e probabilmente aveva cercato una sua strada per scoprire la verità. In precedenza abbiamo giù parlato di Patrizia e di come nel suo candore di ragazza pensasse che l’amore potesse appianare conflitti insanabili. Padre e figlia sono due facce di una stessa medaglia e rappresentano i vincoli familiari puliti, quelli che si sostanziano di sentimenti autentici e pulizia morale.

Ecco perché la loro storia continua a rivivere nelle parole toccanti degli studenti.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto “#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti, storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.

Prof. Romano Pesavento

presidente CNDDU

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