l'analisi di Filca-Cisl

Tecnis, linee di credito ancora chiuse| “Le banche facciano la loro parte”

“Nella vicenda Tecnis, solo le banche non stanno svolgendo appieno il proprio compito perché mantengono chiuse le linee di credito. Il rischio è che l’azienda resti senza liquidità e sia costretta a fermarsi. E a pagare finiranno sempre i lavoratori”. Nunzio Turrisi, segretario generale della Filca Cisl di Catania, lancia un allarme e fa appello alle istituzioni interessate per sollecitare la riapertura della linea creditizia alla Tecnis.

“Siamo seriamente preoccupati – afferma Turrisi – perché registriamo che fino a oggi proprio le banche stanno voltando le spalle all’azienda e non stanno svolgendo il proprio ruolo. Lo hanno fatto i lavoratori con le loro rinunce, lo ha fatto il commissario Ruperto, lo stanno facendo i fornitori, lo sta facendo l’Anas. Solo le banche mancano all’appello. Manca la loro liquidità. Non esiste azienda di costruzioni che possa andare avanti solo in attesa della maturazione dei Sal, gli stati di avanzamento dei lavori. C’è bisogno di liquidità per fare investimenti.

“Se all’azienda manca il carburante della liquidità – ribadisce Turrisi – è costretta a fermarsi. E se l’azienda si ferma, si ferma il lavoro, si fermano i lavoratori. Ci chiediamo allora quale sia il ruolo delle banche nel nostro tessuto economico? Le banche devono credere in imprese come la Tecnis, devono credere in chi investe, anche questo rientra nel loro compito sociale. È paradossale che mentre la Banca Europea dà loro liquidità, poi tale liquidità non venga gestita virtuosamente e immessa nel circolo produttivo, per permettere a grandi aziende come la Tecnis di continuare a investire e resistere, garantendo lavoro e sviluppo”.

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“Non dimentichiamo che la Tecnis – sottolinea il segretario degli edili Cisl catanesi – tra il 2014 e il 2015 è rientrata da una esposizione debitoria col sistema bancario di circa 70 milioni di euro. Ora l’esposizione è ridotta a circa 10 milioni di euro che per il pool di banche coinvolto è davvero ben poca cosa. Parliamo di un colosso che nel suo miglior momento ha fatturato circa 400 milioni di euro l’anno. Non basta questo? Ora non gli si possono voltare le spalle”.

Secondo Turrisi, “le banche devono dire se credono nel territorio, se credono in una realtà catanese e siciliana di rilievo, dicano se credono nel comparto delle costruzioni, se vogliono svolgere un proprio ruolo sociale. Ora, eliminati i problemi finanziari e sbloccate le altre condizioni grazie all’azione commissariale, l’azienda poteva ripartire. Ma se le banche non concedono i finanziamenti tutto ciò sarà vano”.

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“Speriamo che nel prossimo incontro col commissario – conclude Turrisi – arrivino notizie positive, e che la stessa azione di Ruperto non sia vanificata e avvilita da una posizione incomprensibile del credito: ne va della stessa credibilità dello Stato, del lavoro e dello sviluppo nella terra siciliana”.

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