Sarebbero i terminali nel Sud Italia della mafia nigeriana che si occupa della tratta di esseri umani e in particolari di minori dai Paesi africani. Opererebbero fra il lor Paese, la Nigeria ma anche e soprattutto dalla Libia dove avrebbero una base operativa. Per questo sono tutti accusati di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani aggravato dalla trasnazionalità dell’organizzazione.
Con queste accuse sono finiti in manette Helen Ihama 42 anni detta ““Helen” che è stata arrestata a Gricignano di Aversa in provincia di Caserta , il fratello Eddy Ihama di 35 anni hiamato Daddy arrestato a Frignano ; Epios Amolwi 31 anni detta Informa anche lei arrestata a Frignano e Juliet Eghianruwa di ben 75 anni detta Agadda o mamma di Destiny che sarebbe la ‘Grand mama’ di questo braccio dell’organizzazione. per lei l’arresto è stato eseguito a Casapesenna sempre nel Casertano.
L’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania è stata condotta dagli investigatori della Squadra Mobile di Catania. Tutto è iniziato dalle dichiarazioni rese da una giovane cittadina nigeriana “Onda” (nome convenzionale assegnatole, n.d.r) giunta presso il porto di Catania il 1 luglio 2016 a bordo della nave della Guardia Costiera Italiana “Luigi Dattilo – CP 940”, unitamente ad altri 359 migranti di varie nazionalità.
Dal racconto di “Onda” all’epoca minorenne, si apprendeva che la ragazza era stata reclutata nel paese di origine con la falsa promessa di una occupazione lavorativa lecita da svolgere in Italia presso la sorella della donna che l’aveva reclutata: dopo essere stata sottoposta al rito esoterico ju-ju, con il quale si era impegnata a ripagare il debito di ingaggio contratto pari a circa 20.000 euro, aveva lasciato la Nigeria e, attraverso la Libia, era giunta in Italia nel mese di luglio 2016.
Arrivata sul territorio nazionale la minore era stata contattata dalla “madame” che l’attendeva in Italia: la donna le aveva preannunciato che avrebbe provveduto a prelevarla dal centro di accoglienza ove era stata collocata per avviarla alla prostituzione su strada al fine di saldare il debito d’ingaggio contratto in madrepatria.
L’attività tecnica avviata, curata da personale della Squadra Mobile di Catania, Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione, permetteva di identificare la madame di Onda ovvero, secondo l’accusa, Helen Ihama e di appurare che la minore non era un affare isolato poiché la donna aveva reclutato altre connazionali già “messe a reddito” nel settore della prostituzione su strada e aveva il controllo di numerose postazioni lavorative nel casertano che concedeva in godimento a connazionali in cambio di un corrispettivo mensile in denaro pari a circa 100 euro (postazione che veniva chiamata “UGBO” ovvero “il terreno” ad indicare proprio i pochi metri di strada assegnati).
Durante l’indagine la mobile di Catania risaliva agli altri indagati (alcuni dei quali legati alla Ihama da rapporti di parentela o affinità, come il di lei fratello Eddy e la moglie di questo ultimo Epios Amolwi detta “Infoma” ovvero semplicemente “colleghe” nel medesimo settore criminale) che risultavano svolgere la stessa illecita attività della nel settore della tratta di esseri umani e con essa in costante contatto anche per commentare l’andamento dei reciproci affari.
Ihama, oltre a gestire le proprie vittime di tratta, concedeva in godimento le postazioni su strada ad altre ragazze vittime di altre madame, così che le vittime risultavano obbligate al pagamento del debito di ingaggio, delle spese di vitto e alloggio alle madame che le ospitavano e del pagamento del posto di lavoro.
Identico ils istema messo in atto dagli altri indagati che, secondo l’accusa, avevano reclutato e fatto giungere in Italia la connazionale “Baba” (altro nome convenzionale ndr) e l’avevano poi immessa nel circuito della prostituzione su strada per appropriarsi dei guadagni della giovane come anche Juliet Eghianruwa detta “Agadda” e “mamma di Destiny” che aveva reclutato e trasferito in Italia una giovanissima connazionale “Maya” la quale si prostituiva in una delle postazioni controllate di Ihama.
Di particolare interesse investigativo risultavano i commenti degli indagati in merito agli effetti dell’editto dell’Oba di Edo State Ewuare II proclamato prima dell’inizio delle indagini, commenti registrati in costanza di attività di intercettazione: con tale editto, infatti, Oba aveva “annullato” gli effetti dei riti (magici) Ju-Ju celebrati per vincolare le vittime all’ubbidienza nei confronti delle proprie madame e ciò metteva evidentemente a rischio il potere di coercizione esercitato per costringere le giovani all’osservanza. Gli indagati, preoccupati delle possibili ripercussioni dell’editto sull’andamento dei loro affari, proponevano peculiari interpretazioni affermando che l’Editto –al pari della legge- non potesse avere effetto retroattivo e non potesse applicarsi alle vittime già sottoposte a sfruttamento in Europa e già sottoposte in precedenza al rito Ju-Ju, sostenendo con certezza che l’Editto potesse valere solo per i cittadini di Edo State e non per tutti i cittadini nigeriani (“le regole di Oba devono essere interpretate per bene !!! perche’ Oba non ha mai parlato di annullare i debiti…e poi…costi quel che costi, io voglio che mi venga scontato il debito !!!…Oba non ha mai detto a nessuna ragazza che gia’ si trova qua (in Italia n.d.r.) di non pagare il proprio debito !!!…” infatti ! e poi…a me non importa di quello che dice Oba !!! tanto io non sono di Benin !!! “).
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