Ci sono i contatti radio, ore di comunicazioni tra alcune Ong e soggetti che si trovano sia in Libia sia in mare, e i transponder che ad un certo punto smettono di segnalare la posizione delle navi.
Ci sono i telefoni satellitari che dai gommoni vengono recuperati “da terze persone” e “navi sospette” che ‘accompagnano’ fin oltre le acque territoriali i barconi carichi di migranti.
Al di là e oltre la polemica politica, la procura di Catania sta lavorando su piste concrete, sostenute da dati che arrivano da Frontex, dalla Marina Militare e dalla Guardia Costiera. Dati che al momento non “hanno alcun riscontro probatorio” ma che, in ogni caso, rappresentano la base su cui fondare alcune ipotesi di lavoro. Che sono due, sostanzialmente: capire se le Ong perseguano soltanto fini umanitari; individuare i loro canali di finanziamento per sostenere l’attività in mare.
Un discorso che però non riguarda tutti: nei confronti di Msf e Save The Children non c’è nulla, ha detto chiaramente il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro: “hanno dimostrato in maniera inequivocabile” i loro scopi. Diverso è il discorso per le altre, ben più della metà di quelle che operano davanti alla Libia: è su queste che si concentrano le attenzioni dei magistrati e degli investigatori.
C’è la “certezza”, ad esempio, che alcune navi di queste Ong abbiano più volte passato il limite delle acque territoriali libiche. “E’ un elemento che emerge in maniera oggettiva” ha detto Zuccaro.
Secondo la Guardia Costiera, gli “sconfinamenti” sono avvenuti 16 volte nel 2016 e sempre dopo aver ottenuto l’autorizzazione dai libici. Ma lo stesso capo ufficio operazioni del comando generale, il Contrammiraglio Nicola Carlone, ha sottolineato che non si può escludere la possibilità che in alcuni casi il trasponder non ricevesse il segnale. O fosse spento.
E secondo fonti d’intelligence è proprio questo che sarebbe avvenuto: “decine di volte”. E ci sono le comunicazioni. Via telefono satellitare, via radio e anche telematiche. Il procuratore ha parlato di conversazioni tra “la terraferma libica e soggetti che si trovano a bordo delle navi”. Ma non solo: ci sarebbero anche comunicazioni intercettate tra il personale a bordo delle navi di soccorso e altri soggetti in mare. “Ore e ore” spiegano fonti qualificate dell’intelligence.
Chi sono queste persone? Da dove chiamano? Si tratta, dicono le stesse fonti, di trafficanti. Sul punto, prima di chiedere alla Commissione Difesa che le sue parole fossero secretate, Zuccaro ha spiegato quel che è accaduto più di una volta: i barconi e i gommoni, una volta superato il limite delle acque territoriali, “non erano soli ma accompagnati da navi sospette”.
Un elemento che si incastra con un altro punto all’attenzione degli inquirenti. Quando a soccorrere sono le navi militari, gli scafisti dicono ai migranti di gettare in mare i telefoni satellitari. Ma quando invece a portare i soccorsi sono le navi delle Ong, i telefoni rimangono a bordo e vengono recuperati da terze persone, per poi essere riutilizzati.
La stessa Guardia Costiera ha confermato di aver ricevuto telefonate in momenti successivi con lo stesso apparecchio. Ecco perché Zuccaro ripete che “è molto più pericoloso far finta di niente che indagare”.
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