I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un decreto di sequestro di beni a carico di Salvatore Assinnata, 49enne originario di Catania, ed dei suoi familiari. Il provvedimento arriva su richiesta di questa Procura Distrettuale, dal Tribunale di Catania, Sezione Misure di Prevenzione.
I beni sequestrati
I beni ammontano a un valore complessivo di circa 300mila euro e riguardano una bottega ubicata in zona centrale del Comune di Paternò, numerosi terreni ubicati in agro Paternò e vari rapporti finanziari.
Il capo mafia di Paternò
Il sequestro mira a colpire il patrimonio che, sulla base degli accertamenti svolti dai militari, vista la sproporzione tra il valore dei beni e la capacità reddituale e l’assenza della necessaria copertura economica/finanziaria, sarebbe stato acquisito con proventi derivanti dalle attività illecite svolte dal 49enne, inserito nel “gruppo di Paternò” della famiglia di Cosa Nostra etnea “Santapaola-Ercolano” all’interno del quale ricopriva incarichi di vertice.
L’inchino sulle note del Padrino
Il suo ruolo di spicco e il prosieguo dell’appartenenza al clan mafioso di Paternò di Salvatore Assinnata risultano confermati atteso che lo stesso, anche dal carcere di Asti, dove è stato detenuto, ha continuato a impartire ordini, direttive e a muovere contestazioni al figlio primogenito. Particolarmente significativo è il biasimo da parte dell’uomo, al comportamento del figlio nel 2015, in occasione dei festeggiamenti della festa patronale a Paternò, quando era stato fatto un doppio “inchino” con la statua di Santa Barbara sulle note de “Il Padrino”, dinnanzi all’abitazione della famiglia.
Le accuse ad Assinnata
La riconducibilità della figura dell’uomo quale elemento direttivo del gruppo di Paternò è riferita a vario titolo anche dai collaboratori di giustizia Giuseppe Allegruzzo, Santo La Causa e Mirko Presti. Dalle valutazioni economiche, in particolare, è emerso che, almeno dal 2008 a oggi, l’uomo e il nucleo familiare di appartenenza hanno tratto i propri mezzi di sostentamento da redditi di provenienza illecita, mentre la sua “pericolosità sociale” si è manifestata nel corso di tutta la sua storia criminale come si evince dalle numerose condanne irrevocabili collezionate, quattro delle quali per associazione di tipo mafioso e una per estorsione aggravata.
L’ultimo arresto nel 2013
Da ultimo, tratto in arresto nel marzo 2013 per estorsione aggravata per avere agevolato l’attività dell’associazione mafiosa di appartenenza ed è tornato in libertà, dopo aver scontato 9 anni in carcere per varie condanne, lo scorso 10 giugno.
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