• Sebastiano Battiato è nella Top italian scientist 2021
  • Da anni il ricercatore studia come “l’occhio digitale della macchina” cambierà il nostro mondo
  • Le sue ricerche svariano dalla Forensic digital alla tutela dei beni ambientali

Sebastiano Battiato è un ricercatore catanese che il mondo ci invidia. La sua esperienza nel campo della ricerca digitale porta a risultati e progetti concreti, dalla sanità alla sicurezza. Progetti che cambieranno la nostra vita, accompagnandoci in un mondo sempre più hi-tech. Ma andiamo con ordine, e partiamo dal focus dell’attività di Battiato. Le immagini.

“Le immagini sono lì, basta catturarle”: è l’aforisma diventato simbolo della vita professionale di Robert Capa, il leggendario photoreporter che ha raccontato la seconda guerra mondiale con scatti iconici. Vero, le immagini sono sempre lì. Ma c’è chi guarda oltre la stessa natura delle immagini e, applicando la scienza più evoluta, punta a far sì che quegli strumenti di comunicazione diventino un paradigma complesso, elementi per migliorare la qualità della vita, per garantire sicurezza e, in fondo, donarci una migliore qualità di vita.

Certo, esistono dei limiti etici. Ma oggi è già possibile “lavorare” e pensare il mondo per immagini, e in futuro lo sarà ancor di più. Dall’ombra dell’Etna, dall’Università di Catania, Sebastiano Battiato è un precursore di quelle discipline che combinano la tecnologia allo studio delle immagini. E’ riduttivo definire la sua carriera solo per questaa “skill”.  Ma i suoi studi, le sue ricerche e i suoi progetti in questo speciffico campo, l’hanno fatto diventare uno dei ricercatori più apprezzati al mondo, tanto da essere inserito, insieme con il collega di Ateneo Luigi Fortuna, nella  Top Scientists Ranking for Computer Science & Electronics, la classifica, elaborata da Guide2Research che mette insieme i più importanti ricercatori nel campo informatico al mondo. Ecco cosa ci ha raccontato.

Come è iniziato tutto?

Non so dire esattamente come e perché, so solo che ad un certo punto da piccolo, intorno ai 9-10 anni, mi sono convinto che il mio futuro sarebbe stato necessariamente legato all’Informatica. Il mondo dei computer e la rivoluzione hi-tech si intravedeva appena. Non avevo ovviamente chiaro come mi avrebbe visto in un certo senso protagonista. Ricordo ancora, quasi con tenerezza, la gioia di essere riuscito a risparmiare sulla paghetta, per racimolare il necessario per acquistare il mitico Commodore VIC20, il mio vero battesimo con il mondo dei PC e della programmazione. Il resto poi è venuto da sé, nel senso che ho indirizzato tutti i miei sforzi nella formazione a tutti i livelli che mi permettessero di realizzare il mio progetto di vita. Non senza fatica, ovviamente.

Da parecchi anni, Catania è un laboratorio di competenze avanzate.  Come mai? Cosa c’è di particolare ad aver fatto di Catania, con le debite proporzioni, una sorta di Silicon Valley del Mediterraneo?

Sarò di parte, ma la formazione “made in UniCT”, in questo senso, è stato uno degli ingredienti fondamentali che ha permesso anche di impiantare in modo stabile colossi dell’elettronica quali STMicroelectronics e non solo, che hanno fatto da volano a realtà medio-piccole che oggi costituiscono l’ossatura di una fitta rete di competenze, riconosciuta a livello internazionale. Adesso, in questo settore, assistiamo al paradosso di avere una costante richiesta di offerte di lavoro, cui non riusciamo a dare seguito, rispetto al numero di laureati in materie ICT che ogni anno escono dalle nostre Università. Da questo punto di vista, il paradosso di chi oggi, a prescindere, decidere di lasciare la nostra terra per cercar fortuna altrove risulta ancora più stridente. Stiamo facendo di tutto, e approfitto anche di questa opportunità per segnalarlo in maniera ancora più forte…. speriamo che il fenomeno del cosiddetto “South Working” ci dia una mano.

Il rapporto tra il mondo della ricerca scientifica, la politica e la società? Cosa funziona e cosa no.

Rispondo facendo riferimento alle dinamiche innestatesi nel corso della pandemia ancora in corso, e che da un lato grazie proprio alla ricerca scientifica ci ha permesso in tempi record di trovare delle soluzioni (i vaccini), dall’altro hanno evidenziato come ci sia un problema di cultura scientifica di base che affligge la società e di conseguenza la politica, che ne è espressione diretta. Il tutto frutto probabilmente di approcci e di decenni di sottofinanziamenti alle università e alla cultura in generale che un paese come il nostro, non può permettersi. Attraversiamo un momento storico straordinario, in cui il progresso scientifico e in particolare tecnologico ha accelerato i motori del cambiamento e dobbiamo essere pronti a cogliere le sfide e le opportunità che questo comporta. Tante sono le iniziative a livello politico anche comunitario ed internazionale che si stanno ponendo il problema di gestire, anche il transitorio.

Il rapporto tra mondo della ricerca scientifica e il mondo del lavoro?

Il mio punto di osservazione è ovviamente particolare, mi occupo di una disciplina scientifica la Computer Vision che negli ultimi anni si è trasformata da una scienza pressochè teorica ad una vera e propria tecnologia in grado in molti contesti di realizzare l’obiettivo per certi versi “fantascientifico” dei primi anni ‘70; possiamo benissimo affermare oggi che il cosiddetto “Occhio della Macchina” è in grado di emulare il sistemo visivo umano e in alcuni contesti e per certi task addirittura ottiene performance migliori di noi umani. Ciò significa che la nostra ricerca scientifica in questo momento ha uno stretto legame con settori applicativi più diversi, dalla manutenzione, al retail, al controllo del territorio; ovunque ci sia una camera in grado di acquisire dati, possiamo pensare di dare significato semantico alla scena e quindi da questo punto di vista i nostri giovani studenti che intraprendono questo percorso hanno uno stretto legame con il mondo del lavoro. A tal proposito, diverse sono le esperienze di aziende hi-tech e non solo che ci chiedono supporto e con i quali siamo riusciti negli anni ad ottenere fondi per finanziare qualche dottorato o qualche progetto pilota.

Parliamo delle sue competenze: ci spiega quali sono i progetti principali che sta portando avanti e che riflessi hanno sulla nostra vita quotidiana?

In realtà siamo impegnati su più fronti e con progettualità e partner scientifico/industriali di spessore su linee di ricerca davvero stimolanti. Non posso non citare la oramai storica collaborazione con diversi gruppi di R&D di  STMicroelectronics con cui attualmente stiamo portando avanti due grossi progetti co-finanziati dal MISE su tematiche legate ai Sistemi Avanzati di controllo alla guida dei veicoli del futuro e al job-scheduling di nuova generazione, il cosiddetto Smart Manufacturing IA based, oltre a varie collaborazioni strategiche su temi classici di imaging. Poi collaboriamo in pianta stabile con il Laboratorio JolWave TIM di Catania nell’ambito della Open Innovation, per lo sviluppo e la messa in campo di soluzioni a servizio delle SmartCity e non solo sfruttando le nuove “autostrade” della comunicazione digitale in corso di sperimentazione (5G, Edge Iot, ecc.). Abbiamo in corso una serie di partnership con diversi centri di ricerca di ateneo e vari dipartimenti su tematiche trasversali quali ad esempio Public Health, Harm Reduction a cui si lega infine il “medical imaging”, che ci vede in prima linea con l’applicazione di tecniche di Intelligenza Artificiale in ambito biomedico e sanitario. “Last but not least” come dicono gli americani cito il filone legato alle innovazioni nel mondo delle investigazioni digitali con lo spinoff  iCTLAB (www.ictlab.srl) che abbiamo fondato nel 2016  e che si sta imponendo nel panorama internazionale, riuscendo a fare impresa sostenibile e contemporaneamente sostenendo l’innovazione  applicata su progetti di R&D in contesti industriali di prim’ordine (CyberIntelligence, Video Sorveglianza, Retail, ecc.). Insomma tanta carne sul fuoco, ma supportata da un gruppo di lavoro, strutturato, coeso, motivato e con la giusta ambizione che colgo l’occasione per ringraziare anche qui pubblicamente assieme a tutti i miei collaboratori attuali e anche passati. Il mondo della ricerca scientifica è un mondo affascinante ma complicato, per la sua dinamicità per la sua velocità intrinseca ed è quindi altrettanto difficile restare al passo, non cogliendo i trend di ricerca o le nuove prospettive o i nuovi paradigmi che vengono proposti di continuo. Aver costruito a Catania, presso il Dipartimento di Matematica e Informatica, un centro di competenza di prestigio, l’IPLab (iplab.dmi.unict.it), riconosciuto e apprezzato a questi livelli è senza dubbio un merito che va condiviso e va soprattutto riconosciuto a tutti coloro che ci hanno creduto e sostenuto negli anni.

Qual è Il progetto a cui è più legato?

Non posso non citare intanto uno dei miei primi progetti a cui ho lavorato subito dopo il dottorato, per quasi 4 anni, in ambito industriale, proprio in STMicroelectronics,  dove ci siamo trovati a progettare e sviluppare a cavallo degli anni 2000 tecniche e algoritmi per acquisire e processare al meglio le immagini e i video dei futuri dispositivi che ancora non esistevano in commercio: le Digital Still Camera. Nel nostro lab, avevamo per le mani un pezzo di futuro… ed è questo una delle costanti di questi anni, riuscire ad anticipare e avere accesso e dare il proprio piccolo contributo a novità tecnologiche, un po’ prima che magari poi diventino delle commodity di massa. L’altro progetto che voglio citare è invece quello legato alla ricerca nell’ambito della digital forensics ed in particolare sulla individuazione di tecniche in grado di scovare i falsi d’autore nelle immagini e nei video (per esempio i cosiddetti deepfake) e a cui abbiamo dedicato tanto spazio negli ultimi anni.

Quale progetto rappresenta la sua massima ambizione?

Per un ricercatore ovviamente l’ambizione massima è quella di riuscire ad incidere con la propria visione con le proprie intuizioni e magari a risolvere qualche problema fondamentale o introdurre delle nuove metodologie di lavoro e/o modelli che possano essere di supporto alla comunità scientifica di riferimento. In realtà poi, a meno di citare in ogni settore un numero ristretto di super ricercatori, il nostro lavoro consiste nel contribuire all’avanzamento della conoscenza attraverso piccoli steps, certo significativi che contribuiscono alla crescita globale, ma sempre in maniera molto verticale e specialistica. Da qualche anno io mi sto ponendo un traguardo personale che mi vede impegnato nel cosiddetto trasferimento tecnologico, verso il settore della digital forensic applicata ai casi concreti, al supporto in ambito forense verso le Forze dell’Ordine, i magistrati, gli avvocati. La cosiddetta “prova informatica”, nonostante decenni di corsi, approfondimenti, dibattiti e pubblicazioni mirate, stenta ad avere quel ruolo centrale e ad affermarsi con la rigorosità delle relative “best practice” che invece risultano necessarie proprio per la sua volatilità ed estrema mutevolezza anche in funzione dell’estrema velocità con cui tecnologie e dispositivi si evolvono. E’ fondamentale che si investa nella formazione per evitare che all’interno dei procedimenti giudiziari a tutti i livelli, la cultura scientifica relativa all’analisi dei dati informatici, non abbia il giusto peso. Prendendo spunto da esperienze internazionali di prim’ordine, penso al Netherland Forensics Institute per esempio, è necessario innestare un cambio di paradigma anche presso le nostre istituzioni. Qualcosa negli anni abbiamo già fatto con corsi di formazione anche presso le istituzioni nazionali di riferimento (Scuola Nazionale Magistrati, Forze di Polizia, ecc.) ma bisogna senza dubbio fare di più.

Da una seppur sommaria ricerca in rete, si comprende che lei ha una grande competenza rispetto alle “immagini”… Come sarà il futuro “per immagini”, rispetto alla scienza forense, al campo sanitario, alla tutela del patrimonio archeologico e culturale e ad agli altri ambiti di applicazione?

Bella domanda… diciamo che come accennavo prima ”l’occhio della macchina” oramai ci accompagna sempre, per cui gli ambiti da lei citati sono già pervasi da soluzioni tecnologiche di avanguardia che a vederle solo qualche anno fa sarebbero state etichettate come fantascientifiche o ci avrebbero lasciati stupefatti. Le innovazioni legate all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in questo settore sono davvero strabilianti; nei prossimi anni assisteremo ad una nuova rivoluzione industriale in cui le macchine ci aiuteranno ad automatizzare e dare supporto su tutta una serie di tasks che richiederanno solo un lavoro di supervisione da parte di noi “umani”.

Privacy: stiamo andando verso un mondo sempre più digitale. Quali sono i limiti etici che rischiano di essere travolti? Pensiamo, ad esempio, alle tecnologie di riconoscimento biometrico..

Privacy e Sicurezza Informatica sono i due aspetti che in questo momento devono essere maggiormente attenzionati da parte delle Istituzioni e dagli addetti ai lavori per realizzare dei framework “sicuri” dentro ai quali le big company dell’ICT e tutti gli altri possano operare con delle regole fair e sicure per tutti. Devo dire che in generale siamo molto indietro e abbiamo già avuto esempi di come l’uso distorto di queste tecnologie possa portare ad un subdolo ma efficace controllo di massa dell’utente consumatore che viene condizionato nelle sue scelte da consumatore ma anche di cittadino. Anche in questo caso prima di tutto bisogna investire nella divulgazione e nella consapevolezza di cosa facciamo e come gestiamo da utenti i nostri dati.

Il contesto di Minority Report, il romanzo di Philip K.Dick, rischia di diventare realtà?

Mi spiace deluderla ma è già realtà. O comunque l’analisi predittiva e gli algoritmi e i dati per applicarla in questi contesti vengono già sperimentate anche in ambito penale. Esistono degli esempi di applicazione di algoritmi di questo genere negli USA per dare supporto ai giudici nell’applicare o meno le cosiddette pene accessorie che forniscono delle cosiddette probabilità di recidiva. Ovviamente il dibattito su questi temi è più che attuale, soprattutto perché è ben noto come anche gli algoritmi più sofisticati, soffrano al momento del cosiddetto “bias dei dati”, cioè imparano da ciò che gli viene presentato in fase di apprendimento. Ciò significa che nei casi appena citati, solo per un fattore statistico si tenderebbe a penalizzare soggetti appartenenti a categorie a rischio. Insomma ancora non ci siamo. A proposito di visioni fantascientifiche con la quale forse possiamo chiudere citerei ANON un film del 2018, ambientato in un futuro distopico in cui tutte le persone ricevono un flusso costante d’informazioni visive attraverso impianti per la realtà aumentata e in cui l’anonimato per forza di cose è scomparso. La vita di ogni cittadino viene registrata e scaricata in un database chiamato “Ether” a cui le autorità possono accedere per perseguire i crimini. Un paradosso su cui riflettere che non può e non deve essere il futuro che ci aspetta.

Qualche nota personale. Uno scienziato avrà anche i suoi momenti di pausa. Quali sono le sue passioni, come le coltiva e come le concilia con la sua attività scientifica?

Cerco di non rinunciare alla mia corsetta settimanale, che da qualche anno mi aiuta a lottare contro i malesseri della sedentarietà e poi quando posso una partita a calcetto con gli amici vedo di non farmela mancare. In generale mi piace poi seguire lo sport e quando posso leggo qualche romanzo (legal-tech magari) o qualche saggio e ultimamente anche io vengo catturato dalla frenetica visione compulsiva di qualche serie-TV. Certo nel mio mestiere e nel modo in cui ho organizzato la mia vita professionale è sempre più dura…. ma mi sforzo di trovare tempo e spazio per la vita in famiglia e con i miei cari.

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