“L’intervenuta dismissione delle cariche ricoperte nelle società del suo gruppo non è sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione del reato”. Lo scrive il Tribunale del riesame di Catania nelle motivazioni con cui, rigettando la richiesta della difesa, il 12 aprile scorso ha confermato l’ordinanza del Gip per l’imprenditore Antonio Deodati, che è agli arresti domiciliari dal 27 marzo scorso, dopo che essere stato in carcere per 15 giorni, nell’ambito dell’inchiesta nata dalle indagini ‘Garbage affair’ della Dia sulla gestione di un appalto pubblico da 350 milioni di euro per la raccolta dei rifiuti al Comune di Catania.
I giudici, nelle motivazioni depositate due giorni fa, rigettano anche l’ipotesi di concussione sostenuta dai legali di Deodati condividendo “la ricostruzione e la qualificazione giuridica accolta dal Gip” di concorso in corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio che risulta “fondata su un quadro indiziario probatorio solido e univocamente interpretabile in senso accusatorio”.
Nell’inchiesta della Procura di Catania sono anche indagati Orazio Stefano Fazio, 64 anni, funzionario della direzione ecologia e ambiente del Comune di Catania, Massimo Rosso, 54 anni, ragioniere generale del Comune di Catania, Antonio Natoli 46 anni, dipendente del consorzio Seneco. Al centro dell’inchiesta una gara da 350 milioni di euro in tre anni e l’appalto ‘ponte’ sulla raccolta di rifiuti vinto dal consorzio Seneco, di cuifanno parte Senesi e EcoCar, e su ‘regalie’ che le aziende avrebbero fatto per evitare controlli sull’appalto e sull’esecuzione dei lavori. Tra gli ‘omaggi’: smartphone e computer portatili di ultimissima generazione, viaggi di piacere, l’affitto di una casa a Roma per le figlie universitarie del ragioniere comunale e l’assunzione a tempo indeterminato in aziende private dei loro fidanzati.
E su questi ‘favori’ il Deodati, intercettato, riporta il Tribunale del riesame dice a Rosso:”io ti sto facendo una cosa grossa… tu me la devi fare grossa pure a me…”.
“Non può che convenirsi con le valutazioni operate dal Pm – scrivono i giudici – secondo cui il dottor Rosso aveva costituito in favore del Dedoati una rendita di posizione importantissima, agendo allo stregua di suo ‘intraneus’ nella Pubblica amministrazione”, grazie al “suo forte ruolo apicale ricoperto nell’ambito della compagine amministrativa comunale”.
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