La Corte d’appello di Catania ha disposto il dissequestro di tutti i beni di Mario Ciancio Sanfilippo che era stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale. Tra le motivazioni dei giudici di secondo grado anche la “mancanza di pericolosità sociale” dell’editore e imprenditore.
Tra i beni dissequestrati anche le società che controllano i quotidiani La Sicilia e Gazzetta del Mezzogiorno e le emittenti televisive Antenna Sicilia e Telecolor. Secondo la Corte d’appello di Catania il decreto impugnato “va conseguentemente annullato” perché, scrivono i giudici nelle 113 pagine della sentenza motivata, “non può ritenersi provata l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio Sanfilippo in favore di Cosa nostra catanese”.
Inoltre “non può ritenersi provata alcuna forma di pericolosità sociale” né “è risultata accertata e provata alcuna sproporzione tra i redditi di provenienza legittima di cui il preposto il suo nucleo familiare potevano disporre la liquidità utilizzate nel corso del tempo”
Il Tribunale di Catania aveva emesso il decreto di sequestro e confisca nel settembre del 2018, un anno e mezzo fa, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Il decreto riguardava una serie di beni dell’editore e direttore del quotidiano La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo. Il valore dei beni, era valutato in almeno 150 milioni. Il provvedimento era stato eseguito dai Carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Catania.
Il decreto di sequestro e contestuale confisca riguardava conti correnti, polizze assicurative, 31 società, quote di partecipazione in altre sette società e beni immobili.
”Nell’ambito del procedimento di prevenzione a mio carico – aveva detto Mario Ciancio Sanfilippo – ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto”. Oggi la Corte d’appello gli ha dato ragione.
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