Che da queste parti ci sia un gap strutturale da recuperare di certo non lo scopriamo oggi; se lo spread in questione è però legato anche a ciò che separa il Sì dal No al referendum è una questione che attiene alla politica. Entrambe le condizioni, tuttavia, passano come un by pass sulla testa e sulla vita della gente. Dei siciliani.
Matteo Renzi arriva ancora una volta in Sicilia e rimarrà a queste latitudini per due giorni. Eppure l’ultimo passaggio risale a meno di un mese fa quando, attraversando l’Isola ed in modo convincente, ha assicurato e rassicurato, promesso e garantito, ma anche chiesto e suggerito.
Quasi delle cambiali quelle firmate dal premier-segretario dem al pari, seppure in epoche diverse, di altri pagherò presentati ai siciliani da chi su sponde politicamente diverse ha preceduto il golden boy di Firenze. Intanto la gente di Sicilia il proprio impegno lo sottoscrisse eccome (remember 61 a 0?) ottenendo decisamente meno di ciò che gli era stato garantito, così oggi si ritrova al punto di partenza. O quasi.
A meno di un mese dall’ultima calata, Renzi ha cominciato ad affrontare la questione Ryanair che sta a cuore all’economia di Trapani (sarà predisposto un tavolo tecnico al ministero delle Infrastrutture per cercare di individuare una soluzione), mentre si procede a tappe forzate verso il G7 a Taormina per il quale sono stati stanziati circa 45 milioni di euro (solo 15 per la città, il resto per l’evento). Il resto, ad esempio gli impegni assunti durante la stipula del Patto per Messina (o il Ponte), sono ancora in fase di definizione e con ogni probabilità si lavora sotto traccia.
Intanto, qualche mugugno comincia a levarsi. La Cgil di Catania, segnala che Renzi per la terza volta sarà nel capoluogo etneo senza incontrare i sindacati: “Pensiamo – dice il segretario Giacomo Rota – che probabilmente ciò avviene perché gli presenterebbero una città attanagliata da una grave crisi economica, dove le famiglie fanno fatica ad arrivare alla terza settimana del mese. Una Catania priva di una politica industriale e di sviluppo. Tutto ciò gli ricorderebbe i suoi doveri verso il Sud e la Sicilia che sono stati disattesi“.
Anche oggi e domani il presidente del Consiglio, con una liturgia che sta divenendo standard, farà proseliti per il Sì, ma a differenza delle puntate precedenti la visita di questi giorni assomiglia già all’ultima chiamata specie in una terra in cui le parole speranze e sviluppo sono abusate. Da troppo.