La retata antimafia scattata all’alba nel Catanese ha messo in risalto dei pericolosi contrasti sorti all’interno dei clan per il controllo delle piazze di spaccio. Ad essere stato anche ricostruito il contesto di un tentato omicidio. Questo il quadro delineato dall’operazione Zeus che ha portato a 24 indagati accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso in quanto appartenenti ai clan Cursoti Milanesi e Cappello-Bonaccorsi, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illecita di armi da sparo, ricettazione, danneggiamento, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.
Gli inquirenti definiscono “situazione di elevata fibrillazione” quella che si era venuta a creare. Un membro del clan, Nicola Christian Parisi inteso “u scinziatu”, agendo sotto l’egida dell’anziano Rosario Piterà inteso “u furasteri” si sarebbe contrapposto a sua volta alla frangia dei fratelli Distefano per il controllo dell’organizzazione e delle “piazze di spaccio” del quartiere San Berillo Nuovo. In questo quadro di violenze si inserisce il tentato omicidio con armi da fuoco ai danni del cognato di Nicola Christian Parisi, vale a dire Giuseppe La Placa “u sfregiatu”, avvenuto la notte del 12 novembre del 2018 nel rione San Berillo Nuovo a causa di contrasti sorti in seguito al presunto rientro di quest’ultimo nel clan Cursoti Milanesi, dopo essere transitato in passato nel clan Cappello-Bonaccorsi.
Scarcerato il 24 agosto del 2018, dopo aver scontato una lunga pena detentiva, Carmelo Distefano, grazie al proprio carisma criminale, sarebbe riuscito a compattare sotto la propria leadership le due fazioni familiari che costituiscono l’ossatura dell’organizzazione, sedandone le tensioni interne e ridimensionando le presunte aspirazioni di vertice di Parisi che si sarebbe poi allineato ai voleri del capoclan tornato in libertà. Le indagini permettevano così di ricostruire l’organigramma della consorteria mafiosa, il cui vertice sarebbe stato individuato in Distefano, a sua volta coadiuvato dai luogotenenti Natale Gurreri e Giuseppe Piterà, quest’ultimo legato da vincoli di parentela con lo storico capoclan Rosario Pitera.
Allo stesso modo, sono stati identificati i presunti gregari dell’organizzazione, ai quali i vertici avevano assegnato compiti esecutivi, come la gestione delle varie “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo o la riscossione di estorsioni. Avrebbero agito sotto il diretto comando di Distefano e dei suoi luogotenenti. Durante l’attività, gli investigatori documentavano diversi “summit di mafia” tra esponenti del clan Cursoti Milanesi ed esponenti di rango del clan Cappello-Bonaccorsi finalizzati a mediare alcuni contrasti di natura economica sorti tra le due consorterie mafiose. Per questo motivo le indagini hanno consentito, anche, di delineare l’attività di alcuni storici affiliati al clan mafioso Cappello-Bonaccorsi come Carmelo Fazio inteso “Melo biduni” e Camelo Zappalà “u tunnacchiu” , che sarebbero entrati in contatto con Distefano ed altri componenti di rango del clan Cursoti Milanesi.
Nel corso delle indagini venivano acquisiti elementi di riscontro per un’estorsione ai danni del titolare di un parcheggio nel quartiere San Berillo Nuovo, costretto a versare negli anni svariate somme di denaro ai gregari del clan che si sono succeduti nel tempo, e di una tentata estorsione ai danni di un imprenditore locale. L’indagine ha poi dimostrato il monopolio esercitato dal clan Cursoti Milanesi sulle numerose “piazze di spaccio” del rione San Berillo Nuovo, i cui gestori sarebbero stati obbligati a rifornirsi di cocaina e marijuana da Distefano, assicurando al clan ingenti e costanti proventi illeciti che confluivano nella “cassa comune” dell’organizzazione, che sarebbe gestita dallo stesso Distefano insieme al presunto sodale Natale Gurreri.