14 novembre 2014 Adrano, è una giornata fredda e assolata quando Maurizio Maccarrone, barelliere ausiliario in una clinica privata esce di casa. Lo riprende così come avveniva ogni mattina la telecamera di sorveglianza del palazzo di fronte alla sua abitazione.
L’uomo fa poche decine di metri, si avvicina all’auto per aprire la portiera quando viene avvicinato da due uomini in sella ad uno scooter.
Uno è intento a guidare l’altro improvvisamente tira fuori una pistola – risulterà essere una semiautomatica calibro 7,65 – e spara tre volte colpendo Maccarrone al torace tanto da farlo cadere per terra. Passano pochi istanti e il sicario completa la sua opera: scende dallo scooter e con una freddezza inaudita spara sue colpi, uno dopo l’altro alla testa, finendo la vittima.
Sono scene raccapriccianti quelle registrate dalle telecamere di videosorveglianza e oggi agli atti dell’inchiesta . Sono un documento in mano alla polizia che in due anni di indagini ha chiuso il cerchio attorno al delitto di Maurizio Maccarrone, assassinato la mattina del 14 novembre del 2014 ad Adrano.
Inizialmente si pensa ad un crimine mafioso per le modalità, poi invece il colpo di scena arriva dalle rivelazioni del pentito Gaetano Di Marco del gruppo criminale locale legato ai Laudani.
E’ lui a raccontare il movente: la vendetta di un picciotto della famiglia Morabito Rapisarda, tale Antonio Magro di 41 anni detto ‘u rannazzisi’ nelle qualità di mandante e Massimo Merlo 44 anni inserito nel gruppo degli Scalisi di Adrano, il Killer. Tutti e due sono stati arrestati da agenti della Mobile e del commissariato di Adrano.
Il movente è dunque passionale: Magro il mandante del delitto era geloso nei confronti di Maccarrone per una presunta relazione con una donna, sentita a lungo dagli investigatori con la quale aveva avuto una relazione e pochi mesi prima era stata con Magro.
Le indagini messe sulla giusta via dal pentito Gaetano Di Marco sono state avvalorate anche da una conversazione ambientale in cui il sicario parla con un conoscente del delitto e in cui rivela particolari, come per esempio le grida del Maccarrone ferito ma non ancora giustiziato alla testa, che solo il killer che aveva compiuto il delitto poteva conoscere.