“Il caso di Paternò, insieme a quello di Tremestieri, grida vendetta. Per molto meno i comuni sono stati sottoposti ad accesso ispettivo per verificare la presenza di eventuali infiltrazioni mafiose. È insopportabile che il ministro degli Interni non abbia avuto la curiosità di capire cosa stava succedendo a Paternò attraverso una commissione prefettizia. Se a Paternò la commissione non è arrivata, dobbiamo chiederne conto al ministro dell’Interno, forse anche al presidente del Senato”. Lo ha detto Antonello Cracolici, presidente della commissione Antimafia all’Ars, intervenendo ieri sera all’incontro “Mafia, antimafia sociale e politica, etica della responsabilità – Il caso Paternò” organizzato nell’ambito della Festa dell’Unità nel comune etneo.
Liberare la politica dalla mafia
“Abbiamo tutti interesse a liberare la politica dalla mafia – dice Cracolici – , qui è in gioco la qualità del consenso e della democrazia. A me interessa che chi vince le elezioni, al di là dello schieramento, possa essere considerato un uomo dello Stato e delle istituzioni, e non un uomo a servizio delle organizzazioni criminali. Oggi non ci sono più alibi: il ministero degli Interni non può avere approcci diversi per questioni simili. A Paternò va disposto l’accesso ispettivo. In gioco c’è la nostra democrazia”.
Il Tribunale del Riesame accoglie il ricorso della Procura
Intanto alla luce dei dati appresi oggi, il tribunale del riesame ha accolto il ricorso della procura di Catania che chiedeva provvedimenti restrittivi nei confronti del sindaco, dell’assessore e dell’amministratore coinvolti nell’inchiesta, ma ne ha disposto la sospensione. Il tribunale del Riesame ha accolto l’appello della Procura di Catania che aveva impugnato l’ordinanza del Gip e disposto gli arresti domiciliari (che erano stati inizialmente negati dal Giudice per le indagini preliminari) per gli indagati eccellenti, ovvero il sindaco di Paternò, Nino Naso, l’assessore dimissionario, Turi Comis e l’ex assessore Pietro Cirino insieme con il boss Vincenzo Morabito e l’esponente del clan Natale Benvenga, tutti accusati di voto di scambio politico mafioso. A presentare l’appello erano stati i pm Alessandra Tasciotti e Tiziana Laudani ed il ricorso era stato vistato dal procuratore aggiunto, Ignazio Fonzo, Gli arresti domiciliari non sono comunque esecutivi perché Il Tribunale ha disposto la sospensione dell’ordinanza che dispone gli arresti domiciliari per i cinque fino a che la decisione sia definitiva, ed è possibile ricorrere in Cassazione.
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