La Corte d’assise d’appello di Catania, I sezione penale (presidente Rosario Cuteri, a latere Stefania Sgarlata), ha confermato la sentenza di condanna a 21 di reclusione emessa il 27 ottobre del 2014 dalla Corte d’assise nei confronti dello psicologo Michele Privitera, per omicidio volontario nei confronti del giovane Salvo Marco Zappalà, ucciso con un colpo di fucile alla tempia sinistra nelle campagne di Paternò il 2 gennaio 2008.
I giudici hanno accolto le richieste del sostituto procuratore generale Rosa Miriam Cantone e dei difensori di
parte civile, gli avvocati Delfino Siracusano, Enzo Mellia, Micaela Menzella, Giuseppe Lo Faro, Grazia D’Urso e Gaetano
Trovato. Privitera, difeso in appello dagli avvocati Enzo e Enrico Trantino.
Privitera, nell’immediatezza dei fatti, riferì ai carabinieri che il ragazzo, durante una battuta di caccia, gli aveva
strappato il fucile dalle mani e si era sparato un colpo alla testa. Qualche giorno dopo modificò versione, affermando di
avere affidato l’arma al giovane, di essersi per qualche minuto allontanato, di avere sentito l’esplosione d’un colpo e di avere poi trovato Zappalà esanime a terra col fucile accanto e l’estremità della canna stretta tra le dita della mano.
Le diverse versioni dei fatti, sin da subito, apparvero contrastanti con gli esiti delle indagini medico-legali e
balistiche.
La Corte d’assise, dopo avere disposto due perizie collegiali, condannò Privitera negando la concessione delle
circostanze attenuanti generiche.
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