I pascoli nei Nebrodi, i contributi europei e dell’Agea: una immensa torta nella quale affondare le mani con le buone e con le cattive con i pallettoni esplosi dai fucili armati per provare a dettare legge in un ampio lembo del Messinese.
Minacciando imprenditori, allevatori e agricoltori, arrivando anche a uccidere, se necessario, a ordire attentati e agguati, come quello a cui e’ scampato il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci.
E’ questo il contesto in cui e’ scattato oggi il sequestro a carico Giuseppe Pruiti, 47 anni, ritenuto capo del clan mafioso attivo a Cesaro’ e gerarchicamente inquadrato alle dirette dipendenze del pregiudicato Salvatore Catania, quale referente territoriale per la zona di Bronte e dei territori limitrofi della cosca catanese Santapaola-Ercolano. Il provvedimento, disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Messina, su proposta del direttore della Dia Nunzio Antonio Ferla, riguarda un ingente patrimonio consistente in imprese che operano nel settore agricolo e nella ristorazione, numerosi terreni agricoli, fabbricati nei comuni di Cesaro’ (Messina) e Catania, diversi veicoli, centinaia di titoli ordinari Agea e rapporti finanziari in corso di quantificazione.
Gli approfondimenti investigativi avviati dalla Dia di Catania in stretta sinergia con la Dda di Messina diretta dal procuratore Vincenzo Barbaro, in seguito all’attentato ad Antoci, hanno riguardato anche le ingenti erogazioni di contributi Agea nei confronti di soggetti collegabili direttamente o indirettamente ad associazioni mafiose operanti nel territorio nebroideo, con mirate indagini patrimoniali.
E’ emersa la figura di Angioletta Triscari Giacucco, convivente dell’ergastolano Giuseppe Pruiti. Quest’ultimo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Nitor” nel 2004, e’ stato condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di associazione mafiosa ed omicidio, perche’ accusato, insieme a Gianfranco e Marco Conti Taguali, dell’omicidio di Bruno Sanfilippo Pulici, allevatore di Maniace, morto il 4 giugno del 2002 all’ospedale Cannizzaro di Catania, dove era stato ricoverato per le ferite da pallettoni esplosi dai sicari, in un podere di contrada Vellamazzo di Cesaro’. A febbraio, il fratello Giovanni, di 41 anni, nel frattempo assurto a capo del clan di Cesaro’ dopo l’arresto del fratello Giuseppe, e’ stato sottoposto a fermo, insieme al boss mafioso Salvatore Catania, detto Turi, ed altri, nell’ambito di un’operazione di polizia giudiziaria che ha smantellato le cosche di Cesaro’ e Bronte.Il legame con Salvatore Turi Catania consente di ritenere il clan di Cesaro’, capeggiato dai Pruiti, espressione della potente e pericolosissima cosca dei Santapaola-Ercolano, di cui Catania costituisce elemento di spicco, essendo a capo del clan di Bronte e garante degli affari illeciti fino ad Adrano e Paterno’.
Tracciati pure i rapporti con il boss catanese Vincenzo Aiello e gli emissari palermitana dei capimafia Lo Piccolo.
Gli affari dei Pruiti ruotavano intorno all’accaparramento dei terreni agricoli in affitto, degli allevamenti e al controllo del settore della commercializzazione della carne. Le indagini condotte dalla Dia si sono sviluppate principalmente sulla ricostruzione reddituale e patrimoniale di Giuseppe Pruiti e del proprio nucleo familiare. In particolare, e’ stata evidenziata la sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio acquisito nel corso dell’ultimo decennio. Nonostante la cospicua percezione di contributi erogati dall’Unione europea che, tra l’altro, non potevano essere assegnati a soggetti destinatari di misure di prevenzione e dei loro familiari, il patrimonio rilevato dalle investigazioni e’ risultato frutto di investimenti di gran lunga superiori ai flussi finanziari regolarmente dichiarati. Il notevole interesse economico dei clan mafiosi operanti nell’area dei Nebrodi per intercettare i flussi finanziari provenienti dalle erogazioni di contributi da parte dell’Agea per le attivita’ agricole ha trovato conferma nella recente operazione ‘Nebrodi’ coordinata dalla Dda di Catania, che ha condotto all’esecuzione dei fermi di polizia giudiziaria nei confronti, tra gli altri, di Giovanni Pruiti, fratello di Giuseppe, e di Catania Salvatore. In particolare, da tale indagine e’ emerso come, in presenza di maggiori controlli e requisiti per ottenere l’affidamento di terreni demaniali (in seguito alla stipula del protocollo di legalita’ da parte del presidente dell’Ente Parco, subordinato al rilascio della certificazione antimafia), i clan mafiosi si siano adoperati, con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni privati tramite i quali ottenere i relativi benefici economici. E’ stato accertato come il clan riconducibile a Salvatore Turi Catania riuscisse ad ostacolare ogni libera iniziativa agricola-imprenditoriale e condizionare fortemente il libero mercato. Il gruppo criminale operava in prima istanza su tutti gli aspiranti acquirenti provocandone il recesso dalle trattative in corso con la violenza delle intimidazioni.
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