Ci sono alcune discoteche di Catania e di Taormina, storici luoghi della “movida” etnea e della Perla dello Jonio, controllate dal clan Laudani.
Il particolare è contenuto agli atti dell’inchiesta I Vicerè che ha 109 indagati. Il Taitù e il Marabù di Giardini Naxos, l’ex Capannone e il Sobhà della Plaia di Catania, ricostruiscono gli investigatori, “sarebbero state sotto il controllo del clan dei ‘Mussi ‘ri ficurinia’ che avrebbero ottenuto denaro a titolo di estorsione e la gestione in regime di monopolio della vendita della droga all’interno dei locali in particolare ecstasy”.
E’ stato il pentito Giuseppe Laudani, nipote ‘prediletto’ del patriarca Sebastinao ‘Iano’ a rivelarlo ai magistrati della Dda di Catania. Il pentito racconta agli inquirenti le modalità di vendita degli stupefacenti e ad indicare Nino Puglia originario di Giarre, 46 anni, imprenditore nel campo della telefonia (nella foto l’ottavo da sinistra in altro) definendolo “un organizzatore di serate alquanto compiacente con l’organizzazione criminale Laudani sin dagli anni novanta, imprenditore della movida catanese”.
Laudani-pentito spiega anche che “la totale sottomissione di Puglia – arrestato con l’accusa di associazione mafiosa – risale al 2004 anno in cui Puglia venuto a conoscenza del fatto che le discoteche di Taormina erano tutte sotto estorsione del clan Laudani, si propose all’organizzazione per mettersi a posto.
Puglia, si legge nelle oltre 1000 pagine dell’ordinanza, “chiese l’aiuto dei Laudani anche per l’organizzazione delle serate e per la gestione della sicurezza”. Un affare che il clan controllava anche attraverso l’assunzione del cugino del pentito Giuseppe Laudani, Alessandro Raimondo che inizialmente Puglia non voleva per il suo modo di lavorare.
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