Trent’anni di carcere. E’ la pena definitiva che Salvatore Capone, il sottufficiale dell’Aeronautica militare, dovrà scontare.

Lo ha deciso la Cassazione che ha annullato il ricorso, dichiarato inammissibile, presentato dai legali dell’uomo che il 12 novembre 2009, al culmine di una lite nella loro abitazione di Giarre, appiccò il fuoco alla moglie, Maria Rita Russo, di 31 anni, dopo averla cosparsa di liquido infiammabile.

L’uomo ferì i loro due figli gemelli, un maschio e una femmina, che all’epoca dei fatti avevano tre anni. La donna morì dieci giorni dopo nel centro Grandi ustionati dell’ospedale Cannizzaro di Catania.

Ad accusare il sottufficiale era stata la vittima che a un vicino che l’aveva soccorsa aveva detto: ‘E’ stato lui, è stato mio marito’.

I due coniugi avevano deciso da tempo di separarsi. Diventa definitiva dunque la sentenza, emessa il 6 maggio 2015, dalla Corte d’assise d’appello di Catania, che aveva istruito il processo dopo che la Cassazione che aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna contro il militare relativamente a un’aggravante, che stata invece riconosciuta.

In primo grado, in abbreviato, l’imputato era stato condannato dal Gup Marina Rizza all’ergastolo per omicidio aggravato dalla premeditazione e duplice tentativo di omicidio dei due figli.

In appello, nel febbraio 2013, gli erano stati inflitti 30 anni, in quanto era stata ritenuta insussistente la desistenza volontaria del tentativo di omicidio dei bambini, e il reato derubricato in lesioni aggravate.

Adesso la condanna definitiva per omicidio volontario aggravato della moglie e duplice tentativo di omicidio dei figli.

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