La Guardia di Finanza di Catania, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha condotto un’operazione nelle province di Catania, Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Ragusa, che ha portato all’esecuzione di misure cautelari personali e reali nei confronti di 15 persone. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere, sottrazione fraudolenta al pagamento delle accise sui prodotti energetici, emissione di fatture per operazioni inesistenti, frode in commercio e autoriciclaggio. L’operazione è stata coordinata dalla Procura di Catania.
Il sistema fraudolento basato sul gasolio agevolato
Le indagini, condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catania, hanno rivelato un’organizzazione criminale dedita alla commercializzazione illegale di grandi quantità di gasolio agricolo in tutta la Sicilia. Il sistema si basava sull’evasione dell’IVA e delle accise, sfruttando il prezzo agevolato del gasolio destinato all’agricoltura. Questo tipo di carburante ha un’aliquota IVA ridotta (10% anziché 22%) e accise inferiori di 50 centesimi al litro rispetto al gasolio per autotrazione.
Il ruolo centrale di un soggetto catanese
Il presunto ideatore del sistema fraudolento è un uomo catanese del 1983, che avrebbe agito come amministratore di fatto di una società di Palermo e di una ditta individuale di Catania. Queste aziende, formalmente rappresentate da altri membri dell’organizzazione, acquistavano gasolio agricolo per poi rivenderlo illegalmente come carburante per autotrazione, generando ingenti profitti illeciti.
Il meccanismo di rivendita “in nero”
L’azienda palermitana, dopo aver acquistato il gasolio agevolato, lo cedeva formalmente alla ditta catanese, che fungeva da “cartiera”, priva di deposito e struttura organizzativa. In realtà, il carburante veniva distribuito a quattro depositi, principalmente nell’agrigentino, gestiti da altri membri dell’organizzazione, che lo rivendevano illegalmente come gasolio per autotrazione.
L’utilizzo di documenti di trasporto falsi e l’occultamento delle tracce
Per evitare sequestri e sanzioni durante i controlli, la società palermitana emetteva documenti di trasporto (e-das) che venivano distrutti o occultati una volta raggiunta la destinazione. La ditta catanese, formalmente destinataria del gasolio agricolo, non emetteva fatture di rivendita agli acquirenti finali, in modo da occultare le tracce del prodotto.
Il coinvolgimento di una società di trasporti
Un soggetto di Paternò, titolare di una società di trasporti, avrebbe messo a disposizione le autobotti utilizzate per il trasporto del carburante ai depositi. Quest’uomo, insieme all’ideatore del sistema, avrebbe avuto un ruolo organizzativo, impartendo ordini e disposizioni a tre autisti coinvolti nella frode.
Il riciclaggio dei proventi illeciti
I profitti derivanti dalla vendita illegale del gasolio venivano riciclati tramite trasferimenti alla società palermitana, in modo da perpetuare la frode e mascherare l’origine illecita del denaro. Inoltre, per ridurre i ricavi e il debito IVA derivanti dalle vendite fittizie alla ditta catanese, la società palermitana riceveva fatture per operazioni inesistenti da altre società gestite da membri dell’organizzazione, corredate da documenti di trasporto falsi, per simulare l’acquisto di ulteriore gasolio agricolo.
Sequestri e misure cautelari
Nel corso delle indagini, sono stati sequestrati 41.000 litri di gasolio agricolo, quattro autocisterne, un semirimorchio e altre attrezzature utilizzate per il trasporto e la commercializzazione illegale del carburante. Il GIP del Tribunale di Catania ha disposto il sequestro preventivo di beni e attività finanziarie per un valore di circa 2 milioni di euro, oltre a sei depositi di stoccaggio di prodotti energetici. Sono state applicate misure cautelari personali a 14 indagati: due custodie cautelari in carcere, quattro arresti domiciliari e otto obblighi di dimora, con sospensione dall’esercizio di impresa per quattro indagati e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per altri tre. Le misure sono state disposte dopo gli interrogatori preventivi dei soggetti coinvolti, come previsto dalla recente riforma “Nordio”.
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