Ancora emergenza abitativa a Catania e famiglie che rischiano di restare senza un tetto sulla testa. Il pomeriggio del 17 gennaio, con una pubblica assemblea cittadina, è iniziata la mobilitazione per sostenere gli inquilini di via Gallo 4 che da 24 gennaio avrebbero dovuto lasciare gli immobili.
Occupanti da 35 anni
Una vicenda che risale al 1970 quando muore la proprietaria dell’edificio che aveva in affitto una parte degli appartamenti. “Non avendo eredi – racconta il sindacato ASIA USB Catania – aveva lasciato l’immobile al Policlinico che nel 2006 ha chiesto e ottenuto dal Tribunale etneo la prima istanza di sfratto. Nel frattempo, nei tantissimi anni trascorsi, gli appartamenti vuoti e abbandonati sono stati utilizzati da famiglie senza casa che di fatto hanno ristrutturato le abitazioni a loro spese. Gli abitanti della palazzina hanno chiesto ai responsabili del Policlinico regolari contratti d’affitto, ma come risposta hanno ottenuto ulteriori richieste di sfratto”.
Il blocco dello sfratto e la protesta
Sfratto che ieri mattina non è avvenuto per la mobilitazione che per tutta la settimana si è articolata da via Gallo al Policlinico, con presidi e interventi sulla stampa e sui social. “Come ASIA USB Catania siamo stati attivamente presenti, nonostante a rappresentare questi abitanti sia la Cgil attraverso il Sunia. Nessuna contraddizione da parte nostra. Siamo coscienti che per contrastare la mattanza degli sfratti per morosità non colpevole che si è già abbattuta su Catania, e che riguarda non meno di 10 mila soggetti, non bisogna perdere una sola occasione per disarticolare anche un solo sfratto”. Nel caso di Via Gallo la mobilitazione messa in campo è bastata per bloccare e rimandare lo sfratto di 6 mesi.
La nota del Policlinico
In merito alla vicenda degli occupanti abusivi degli appartamenti di via Gallo 4 -6 e via Sant’Elena 6-12, il Policlinico precisa in una nota che “con deliberazione del Direttore generale ff n. 229 del 08.10.2020, ha dato esecuzione alla sentenza del Tribunale di Catania n. 5599/2016 e della successiva sentenza della corte di Appello n. 1927/2019. Ciò ha comportato l’avvio di idonee azioni giudiziarie finalizzate al rilascio delle unità immobiliari da parte delle famiglie che le occupano, e al recupero delle somme dovute a titolo di indennità di occupazione ‘sine titulo’, oltre al recupero delle spese di lite liquidate nei due gradi di giudizio”. “L’accordo transattivo proposto nei diversi incontri con l’azienda dal sindacato Sunia, peraltro in rappresentanza parziale di alcune delle famiglie interessate dalla sentenza, è stato giudicato inaccettabile in quanto ben lontano da quanto disposto dal Tribunale di Catania – conclude la nota – Tale accordo avrebbe infatti comportato un danno erariale inammissibile per un’azienda pubblica che gestisce risorse pubbliche. Quindi, pur comprendendo lo stato di necessità delle famiglie, l’azienda ospedaliero universitaria non intende ulteriormente tollerare alcuna situazione di illegalità nella gestione dei beni appartenenti al proprio patrimonio”.
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