Dopo vent’anni si sblocca l’iter che porterà al completamento della diga Pietrarossa, un’opera ritenuta strategica per garantire un adeguato rifornimento d’acqua ai territori della Piana di Catania.
A palazzo d’Orleans è stato firmato l’accordo grazie al quale il Ministero delle Infrastrutture trasferisce alla Regione Siciliana le somme necessarie – sessanta milioni di euro – a eseguire i lavori sospesi dopo che, agli inizi del duemila, la Procura della Repubblica di Caltagirone emise un provvedimento di sequestro a causa di alcuni reperti archeologici ritrovati nelle vicinanze dell’invaso.
A siglarlo, il presidente Nello Musumeci, il direttore del Dipartimento regionale dell’Acqua e dei rifiuti Salvatore Cocina e, in qualità di ente concessionario, il commissario straordinario del Consorzio di Bonifica della Sicilia orientale Francesco Nicodemo. Era presente anche il direttore del Consorzio, Fabio Bizzini.
“Un risultato straordinario – sottolinea il governatore della Sicilia – perchè ci consente di mettere la parola fine su quella che fino a oggi è stata considerata il simbolo delle opere incompiute nella nostra Isola. A migliaia di nostri agricoltori, che per troppi anni hanno dovuto convivere con risorse idriche inadeguate per le proprie coltivazioni e che invano hanno urlato i propri disagi, diamo finalmente quella risposta che attendevano dopo la risolutiva delibera del governo precedente del settembre 2017″.
La posa della prima pietra della diga Pietrarossa, collocata tra le province di Catania ed Enna, risale al 1990. I lavori furono bloccati quando ormai mancava soltanto il 5 per cento delle opere in cantiere. Il suo completamento potrà assicurare una capienza di ulteriori 35 milioni di metri cubi d’acqua annui e consentirà di mettere a regime lo schema irriguo Dittaino-Ogliastro, garantendo così acqua a 17mila ettari di terreno contro i sette che attualmente vengono irrigati. Una dotazione sufficiente a salvaguardare, contemporaneamente, le riserve della Don Sturzo in modo da avere la disponibilità di risorse anche nel caso in cui si dovessero verificare fino quattro anni di siccità.
“Con questo accordo – aggiunge il presidente Nello Musumeci – parte l’iter progettuale: verranno anzitutto effettuate le indagini sulle strutture esistenti e per le quali è necessario verificare lo stato di funzionalità e di efficienza e, subito dopo, si potrà procedere con la gara per affidare le opere di completamento dell’impianto. Nel giro di tre anni Pietrarossa potrebbe essere in grado di funzionare a pieno regime”.
Il progetto prevede anche di destinare alla Soprintendenza di Enna le somme necessarie alla salvaguardia e alla conservazione dell’area in cui sono stati individuati i resti dell’insediamento di epoca romana e che, successivamente, potrebbe essere riprodotto virtualmente all’interno di uno spazio museale.
Differente, e tutt’altro che trionfalistica, la posizione di Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia: “Le opere finora realizzate della diga Pietrarossa, fino a prova contraria, sono abusive e prive delle necessarie autorizzazioni amministrative e della Soprintendenza. Ci chiediamo che fine abbia fatto l’inchiesta aperta dalla magistratura su questi aspetti. Nella decisione del governo regionale viene sottolineato che quest’acqua servirà all’agricoltura della Piana di Catania, ma con quali finalità, considerata l’atavica crisi della vendita degli agrumi della nostra regione. Infine, qualora la diga dovesse realizzarsi, sarà cancellato uno stazzo romano di altissimo valore archeologico, che si trova in una delle vie di comunicazione più importanti della Sicilia di allora. E sicuramente non riproducibile in una fantasiosa riproduzione virtuale. Non ci aspettavamo che questo governo riaprisse la triste pagina degli scandali delle dighe, dove si è più mangiato, alcuni, che bevuto, perchè l’acqua è continuata a mancare nelle case dei siciliani”.