Ed eccoci arrivati, come ogni anno, al fatidico giorno in cui universalmente la donna viene festeggiata: l’8 marzo. Per cosa, in verità, non l’ho ancora capito, ma quello sarà un mio limite mentale.
Secondo alcune “leggende” si festeggerebbe proprio in questa giornata in memoria delle operaie morte nel rogo di una fabbrica di New York nel lontano 1908. Ma di leggenda si tratta poiché la vera ragione, invece, è quella di ricordare la coraggiosa manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo nel 1917.
Comunque sia, oggi ha ormai assunto una connotazione ben diversa, colpa soprattutto del dilagante consumismo. Quando ero ragazzina, e di tempo ne è passato, ricordo che rappresentava una valida scusa per molte donne per concedersi una serata fra amiche, libere dai signori uomini. Oggi come oggi questo concetto ci farebbe sorridere.
Ma chi sono le vere vittime di questa giornata? Le operaie morte nel rogo? No, no, risposta errata. Le vittime sono quei poveri alberi di mimosa che sono riusciti a vivere in pace tutto l’anno e rabbrividiscono all’idea che arrivi il mese di marzo.
Ne ricordo uno enorme nel giardino di un mio amico d’infanzia la cui unica colpa era quella di sporgere abbondantemente fuori dal muro di cinta e che nottetempo veniva spogliato da “squadre di furbetti” che l’indomani avrebbero venduto le mimose ad ogni angolo di strada. Guadagno netto….meglio di così?
Ma gli alberi non sono le sole vittime.
Ci sono ben altre vittime, che sinceramente a me fanno molta tenerezza e con i quali mi sento di essere solidale: mariti, fidanzati, padri, partner, amanti, insomma esseri di genere maschile che sono “costretti” a presentarsi o tornare a casa con una straccio di mimosa in mano, pena il divieto di ingresso oppure, peggio ancora, una giornata di muso lungo ad oltranza, intercalato ogni tanto da un “il marito di Roberta, ne ha comprate 5, una pure per la suocera e tu nemmeno mezza ne hai portata…”.
Ovviamente Roberta è solo il primo di una lunga lista di nomi di mogli di amici che nemmeno il marito sospettava di avere.
Ma il clou lo si raggiunge con i festeggiamenti organizzati nei vari locali: cena con menù dedicato al “mimosa day” e per finire, immancabile come sempre, l’esibizione di uno strip-teaser (si fa per dire) per riscaldare l’atmosfera e renderla incandescente. Nulla da eccepire, per carità. Se fossimo a Los Angeles, magari. Ma spesso questi spettacoli sono organizzati alla meglio e come strip-teaser ci si ritrova il palestrato di turno, oliato e lampadato a dovere, con indosso un succinto slip che balla e si dimena che al confronto Maria De Filippi sembra Carla Fracci.
Ma tutto fa brodo e se non hai provato il brivido sensuale dell’esibizione, ti sei almeno fatta quattro risate con le amiche. Meglio di niente, no?