Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, è tornato a chiedere la riapertura del Terminal A dell’aeroporto di Catania e ha sottolineato l’urgenza dell’avvio delle opere strategiche per lo scalo attese da 11 anni, in due lettere all’Enac e alla società di gestione Sac. Urso sollecita in particolare al presidente dell’Enac, Pierluigi Umberto Di Palma, verifiche sul rispetto degli impegni del concessionario.
Il contratto di programma 2012-2014 già prevedeva che il Terminal “Morandi” fosse oggetto di ristrutturazione, 11 anni dopo, “non esiste ancora un progetto approvato da Enac, esecutivo e cantierabile”.
Inoltre, a fronte dei 36 milioni di investimenti previsti sul Terminal A per il 2022 ne sono stati spesi solo 8 “sorge quindi il più che fondato dubbio che il Terminal “A” non possa dirsi adeguato a contenere il traffico previsto di 10,6 milioni di passeggeri nell’ormai imminente 2024″, scrive Urso chiedendo “di trarne doverose conseguenze, anche sul piano della verifica della sostenibilità dell’attuale struttura di terminal dei volumi di traffico in essere”.
Quanto al processo di privatizzazione della società Sac, oggetto di ripetute dichiarazioni pubbliche dell’attuale management della Società e auspicato di recente anche dal presidente della Regione Siciliana, “prendo atto – con sorpresa – che Enac (Ente concedente) non è al corrente di alcuna attività propedeutica in tal senso”, continua il ministro.
I toni sono ancora più decisi nella lettera alla presidente di Sac, Giovanna Candura, e all’amministratore delegato, Domenico Torrisi ai quali comunque manifesta la disponibilità del ministero a fornire “utile contributo” per lo sviluppo di un’infrastruttura aeroportuale “vitale per l’intera isola”.
Urso definisce “irragionevole” che, a fronte di “investimenti di rilevantissima entità – essenziali non solo per la Sicilia ma per l’intero sistema industriale” realizzati a pochi chilometri da Catania da multinazionali quali StMicroelectronics o 3Sun, il sistema aeroportuale cittadino “debba soffrire di un tale deficit infrastrutturale che lo rende non solo fragile, come l’incendio del 16 luglio ha purtroppo reso manifesto, ma progressivamente inadeguato alla crescente domanda di traffico”.
“Non devo certamente ricordare l’urgenza – aggiunge Urso – dell’avvio di quelle opere infrastrutturali strategiche che possano essere tangibile segno di innovazione, anche per recuperare il danno reputazionale conseguente all’evento”.