Negli ultimi quattro anni, dalll’ottobre 2011 al 2016, le presenze di migranti al Cara di Mineo, sarebbero state fatte lievitare e così sarebbero cresciuti i compensi alle ditte che svolgono i servizi all’interno del centro. Un affare da un milione di euro che è finito in un’inchiesta in cui sono risultano indagate sei persone dalla procura di Caltagirone.
Si tratta di Sebastiano Maccarrone, direttore Cara; Salvo Calì, presidente Cda Sisifo, consorzio di cooperative capofila dell’Ati fino a ottobre 2014; Giovanni Ferrera, direttore generale Consorizo ‘Calatino Terra d’accoglienza’; Roberto Roccuzzo, consigliere delegato Sisifo; Cosimo Zurlo, ad ‘Casa della solidarietà’ consorzio coop dell’Ati fino da ottobre 2014 ad oggi e Andromaca Varasano, contabile del nuovo Cara Mineo.
Sono impiegati e dirigenti delle società che gestiscono la struttura per i quali si ipotizzano, a vario titolo, i reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’Unione Europea.
Il provvedimento della procura calatina scaturisce dagli esiti delle investigazioni della polizia allo scopo di accertare presunti illeciti nella gara d’appalto, indetta il 24 aprile del 2014 per un importo stratosferico di quasi 97 milioni di euro per la gestione triennale dei servizi del Cara, Gara che fu ritenuta illegittima dall’Autorità Nazionale Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone il 15 febbraio del 2015.
Agenti della squadra mobile della questura etnea e del commissariato di Caltagirone hanno compiuto perquisizioni a Catania e nei comuni di Giarre e Riposto e Mineo, a Palermo, Roma, Ragusa, Matera.
Solo un anno fa, quando era appena divampato il caso Mafia Capitale con le sue derive siciliane, il procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, era arrivato a definire la questione Cara Mineo ‘un caso di Stato’. Già perché attorno alla struttura della Piana di Catania che accoglie migranti e richiedenti asilo gli affari sono stati tanti e i risvolti giudiziari si sono moltiplicati.
La prima inchiesta, in ordine cronologico e che resta il filone principale, è quella avviata a Roma e poi trasferita a Catania, poi c’è il caso della presunta parentopoli ed infine il fascicolo in cui sono finiti i sei indagati raggiunti oggi dall’avviso di garanzia.
Una saga giudiziaria, quella del Cara di Mineo, che si arricchisce di particolari, retroscena e personalità coinvolte mentre sullo sfondo non si arresta il via vai di migranti in cerca di speranza.
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