Hanno trascorso venti giorni da incubo dopo avere avuto la notizia che era positiva insieme ai suoi. Racconta di questo lungo periodo in casa passato senza risposte e senza la dovuta assistenza con tantissime ore trascorse al telefono per cercare di potere avere una risposta dall’Usca, dalle azienda sanitarie.
E’ il racconto accorato di una psicologa e psicoterapeuta catanese che quasi alla fine del tunnel ha preso carta e penna e ha voluto fare conosce qual è la situazione in cui si trovano le famiglie che sono in isolamento a casa.
“E’ la cronaca di un abbandono. Il pomeriggio di lunedì 26 ottobre mio figlio di 10 anni, – si legge nella lettera della psicologa – inizia ad avere la febbre alta. Chiamo la pediatra che mi rassicura dicendomi che non tutte le febbri di questo periodo sono imputabili al Covid. Però, mi dice anche di aggiornarla quotidianamente sullo stato di salute del bambino e così faccio. Dopo due giorni di febbre alta, mercoledì sera Samuele inizia a stare meglio. Giovedì mattina vado a lavorare come di consueto a scuola, ma in tarda mattinata comincio a sentirmi “strana”.
Torno a casa, misuro la temperatura che sale fino a 37,1-37,2. Però continuo a sentirmi strana, mi fanno male le ossa e sento la testa pesante. Consigliata dalla pediatra, venerdì mattina io e mio figlio facciamo il tampone presso un laboratorio privato. Il dottore che ci effettua il tampone, gentilissimo, ci da tutte le rassicurazioni necessarie, è molto preparato e molto scrupoloso.
Dopo qualche ora mi telefona e mi comunica che mio figlio è risultato positivo al Covid per cui deve fare la segnalazione all’Asp per far partire tutte le procedure del caso. Per quanto riguarda me il test ha dato una risposta dubbia, forse perché la carica virale ancora era troppo bassa, per cui il dottore mi propone di ripete il test, gratuitamente, lunedì mattina. Nel frattempo, domenica mattina, vengo contattata dall’ufficio dell’Asp che si occupa dei casi di covid a scuola e ci programmano un tampone a domicilio, per me, mio figlio e mio marito, nel pomeriggio stesso. Alle 15.30 circa di domenica 1 novembre viene un dottore dell’Asp ed esegue i tre tamponi molecolari”.
Da quel preciso momento, aggiunge la psicologa, inizia l’odissea.
“Chiediamo al medico che è venuto a casa quanti giorni ci vorranno per sapere l’esito e ci dice che ce ne vorranno circa 3. Ci mettiamo l’animo in pace ed aspettiamo. Nel frattempo io avevo iniziato a sviluppare diversi sintomi: spossatezza, mal di gola, tosse. Tutti sintomi curati a casa grazie al mio medico di famiglia. Mio marito, invece, sempre da giovedì pomeriggio, ha avuto 3 giorni di febbre alta curata con Tachipirina, che poi è andata piano piano ad abbassarsi. – prosegue la lettera – Nessuno in quei giorni ci chiama per sapere come stiamo, se i sintomi stanno andando verso una remissione o un peggioramento, se siamo vivi o morti. Il 6 novembre, dopo 6 giorni, finalmente qualcuno dell’Asp si fa vivo!!!! Ci comunicano telefonicamente che tutti e tre i tamponi sono risultati positivi. Però in data 6/11 ricevo via mail solo il referto del mio tampone. Riceverò in data 12/11 quello di mio marito e non riceverò mai quello di mio figlio. Nel frattempo il 10 novembre avevo ricevuto i provvedimenti, per me e per mio marito, di isolamento domiciliare obbligatorio a far data dal 4 novembre. Nel mio si legge che viene disposto l’isolamento domiciliare obbligatorio perché sono risultata positiva al test Covid 19. In quello di mio marito si legge, invece, che l’isolamento domiciliare obbligatorio è stato disposto in quanto coabitante con soggetto positivo al Covid. Coabitante? Ma se anche lui è risultato positivo. E poi coabitante con me? Semmai coabitante con il figlio. E’ da lì che è partito il contagio”. Bè, tutto ciò che riguarda mio figlio è sparito….non abbiamo ricevuto né tampone né provvedimento che riguardasse lui e, come se ciò non bastasse, il bambino dopo qualche giorno di didattica a distanza che ha visto coinvolta tutta la classe che era in quarantena, è stato di nuovo dimenticato da tutti. I compagni, negativi ai tamponi, sono tornati a scuola, lui è rimasto a casa senza alcun contatto con nessuno, senza lezioni online”.
La cronaca di quanto vissuto dalla famiglia catanese prosegue.
“Domenica 8 novembre veniamo contattati da una dottoressa dell’Asp che, molto gentilmente riepiloga la situazione e ci autorizza a recarci presso il Drive In dell’ospedale Tomaselli per ripetere il tampone, mercoledì 11 novembre. Alla dottoressa che esegue i tamponi chiediamo dove saranno mandati i tamponi e ci viene risposto che saranno inviati al Policlinico o all’Istituto Zooprofilattico. Torniamo a casa ed aspettiamo pazientemente 3 giorni. Arriviamo a venerdì 13 e dei nostri risultati nemmeno l’ombra. Chiamo l’Istituto Zooprofilattico e mi rispondono che lì non sono stati portati i tamponi. Mi informo per il Policlinico e nemmeno lì risultano i nostri tamponi, continua nella lettera la psicologa.
Che fine hanno fatto? Dove sono stati portati? Mi attacco al telefono e passo l’intera giornata di venerdì e di sabato chiamando tutti i numeri dell’Usca e tutti i numeri dell’Asp in mio possesso. Ma invano! Nessuno risponde! Siamo abbandonati a noi stessi”. Ormai, grazie a Dio, stiamo bene. I sintomi sono passati. Stiamo recuperando la salute fisica, ma la salute mentale questi signori la stanno mettendo a dura prova. Scrivo una mail all’Usca una alla sorveglianza covid, una all’ufficio da cui ho ricevuto referti e provvedimenti ad una addirittura al Presidente della Regione che su fb continua a farsi bello dicendo che ha potenziato Usca e Dipartimenti.
Ma di quali Usca e di quali Dipartimenti sta parlando? Sa che cosa significa? Sa se davvero dietro tutti quei numeri e tutti quegli indirizzi mail c’è qualcuno che risponde? Ha mai verificato? Non si trattano così i cittadini. Oggi è il 15 novembre. Siamo chiusi n casa dal 26 ottobre prima e dal 1 novembre dopo, anche se l’ufficialità è partita dal 4 novembre per incongruenze dell’amministrazione che andrebbero denunciate. Quanto ancora dobbiamo stare a casa, dimenticati da tutti? Quando potremo riprendere ad andare a lavorare? Quando mio figlio potrà uscire a farsi una passeggiata? Questo si chiama prendere in ostaggio. Ma noi, però, non abbiamo ucciso nessuno contrariamente a quanto sta facendo il Governo, almeno regionale, che uccide la dignità e la salute mentale delle persone e che sarà da me personalmente denunciato per danni morali.
Perché se il Covid non sempre uccide, uccidono però questi modi di trattare le persone perbene che lavorano, che pagano le tasse e che votano e che, però, dal sistema vengono abbandonate, recluse, isolate, dimenticate”.
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