Rilanciare l’Etna Valley e creare l’ecosistema favorevole a nuovi investimenti aziendali è possibile. Gli imprenditori catanesi dell’ICT lanciano l’idea di un nuovo soggetto che acceleri lo sviluppo nel segno dell’innovazione. Come? Creando una cabina di regia metropolitana grazie ad una partnership pubblico-privato e disegnando una politica industriale di sviluppo per il territorio, confrontandosi senza sosta con Comune, Camera di Commercio e associazioni datoriali.
Il nome c’è già: la cabina potrebbe essere battezzata “Etna Lab” e nascere in pieno centro storico. Si occuperebbe di fare da incubatore alle piccolissime imprese innovative, ma soprattutto di riportare a Catania importanti investitori internazionali, e non in modo episodico.
È questa la proposta che ha chiuso i lavori del “Cantiere delle ragioni”, la cui prima assemblea territoriale si è tenuta al Palazzo della Cultura a Catania.
Il “Cantiere” è un progetto nazionale per la responsabilità civica e l’innovazione in Italia lanciato lo scorso dicembre. Ad avviarlo in veste di coordinatore, è stato Stefano Rolando, professore all’Università IULM di Milano, già direttore generale alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sono già molte le città -da Perugia a Padova a Milano- che hanno aderito alla proposta creando gruppi di lavoro locali, che operano in modo complementare per costruire una proposta nazionale.
Oltre a Rolando, stamattina sono intervenuti Giuseppe Mario Patti, ingegnere, imprenditore ICT e co-fondatore di Etna Hitech che ha curato l’introduzione, Rosario Faraci, docente di Innovation and Business Model Università di Catania; Pietro Agen presidente regionale di Confcommercio;
Emanuele Spampinato, vice presidente nazionale di Assintel e presidente del consorzio Etna Hitech;
Eugenio Bonanno, dirigente ASP di Siracusa;
Francesco Galvagno, ingegnere, Lab. Inntech- Innovazione sostenibile. È intervenuto per un saluto anche il sindaco Enzo Bianco. Presente anche l’assessore comunale alla Cultura, Orazio Licandro.
Ad apertura dell’incontro è stata letto il messaggio che il “Cantiere” ha inviato al premier Gentiloni in visita a Catania. La lettera aperta contiene tre specifiche richieste: favorire l’aggregazione delle piccole e medie imprese con vantaggi fiscali per la creazione di consorzi stabili e per fusioni; certezza dei tempi nel rispetto della democrazia. Se le istituzioni si rivelano lente e inadatte alla crescita del territorio dovranno assumersi le proprie responsabilità.
Di converso, ma per gli stessi principi, è necessario accelerare i tempi di ripresa di enti eternamente commissariati l’adozione di misure per consentire che la Cassa Depositi e Prestiti possa concedere credito direttamente alle piccole e medie imprese e alle loro aggregazioni, bypassando la spesso farraginosa intermediazione delle banche.
Un messaggio chiaro che ha orientato da subito i lavori verso un confronto dai toni concreti. Stefano Rolando ha puntato l’attenzione sulla “necessità di capire l’asse del dibattito pubblico che di certo non sta nella dalla pare del linciaggio, né da quella del servaggio. C’è una grande povertà di offerte. Per questo consideriamo l’esperienza del Cantiere di Catania, un test sia per la città sia al di là del suo territorio. La politica non la fanno sono i professionisti della politica, ma anche i cittadini che si assumono la responsabilità di non essere solo domanda ma anche offerta. La nostra visione è di dialogo, anche critico con e istituzioni, ma dove c’è un amministrazione che ragiona nella legalità e nella capacità di fare riforma, è possibile che le imprese dialoghino”.
Nella sua introduzione, Giuseppe Patti ha posto l’accento sulla necessità di un cambio di prospettiva all’insegna dell’Innovazione, della Responsabilità e dello Sviluppo territoriale (le tre parole chiave che hanno dato il titolo all’incontro): “Oggi siamo pronti a convergere sguardi diversi tra di loro, eppure tutti orientati al “voler scavare” in profondità. Sguardi di cittadinanza, di etica come prerequisito e di valore politico che ci rimandano ad una visione nitida”.
Patti ha ripercorso la storia dell’Etna valley, nata 20 anni fa grazie ad una preziosa sinergia tra il Comune, anche allora guidato da Enzo Bianco e l’Università: “La vocazione territoriale dell’Etna Valley è intatta, resistono ed in alcuni casi si sviluppano resilienti attori locali come Etna Hitech ed altre PMI del comparto ICT, e le grandi aziende come STM stanno programmando il rilancio degli investimenti in alta tecnologia (270 milioni di euro in tre anni). L’Università continua a svolgere al meglio il suo compito di formazione di competenze immediatamente spendibili. Sono già pronti alcuni progetti finanziati in ambito PON Metro e sono disponibili finanziamenti diretti europei inseriti nel programma Horizon 2020. Ci sono quindi gli strumenti e le risorse umane, tecnologiche ed anche finanziarie, per ripartire. Tuttavia, non si può pensare che singole azioni positive, spesso a macchia di leopardo e affidate alla sola buona volontà ed all’iniziativa delle singole aziende o istituzioni locali, creino un solido ecosistema davvero favorevole alla ripartenza del territorio. Per questo è urgente la creazione di una cabina di regia”.
Il docente Faraci, dopo avere illustrato con i dati un territorio a più vocazioni ma scarsamente competitivo, ha sottolineato il valore forte dell’innovatività: “La vivacità imprenditoriale catanese si mantiene come tratto distintivo, C’è un ricco fermento giovanile nelle associazioni datoriali (i millennials a Catania rappresentano il 23,6% della popolazione), ma anche in incubatori come Vulcanìc e WCAP, nonché una forte cultura accademica delle “scienze dure”. La fame di cultura di impresa è molto forte”. Ma è pure vero che “dall’idea alla nuova impresa, dall’innovatività all’innovazione, il salto è difficile e per nulla scontato”. Gli fa eco Pietro Agen. “O Catania riprende a programmare e quindi a fare prima le scelte, poi l’elaborazione di esse e infine le temporizzazione dello sviluppo, oppure andremo avanti con flashback basati su inutili slogan. Il risultato è stato evidente: l’economia è crollata e la stessa Etna valley ha trovato un territorio vuoti di riferimenti”.
Eppure gli esempi positivi tutti italiani non mancano, sottolinea con forza Spampinato: “Un cambio di prospettiva, significa capacità di cogliere altri aspetti della realtà. Se a Catania non riusciamo a trasformare l’innovatività in innovazione, è il tempo di guardare ad altri territori. Osserviamo ad esempio la Milano del dopo Expo, ormai smart city italiana, dove i numeri del turismo hanno superato quelli di Venezia. Lì è accaduto che agli operatori commerciali è stata chiesta e poi accolta con entusiasmo, la proposta per un POM Metro. Il paradosso? Milano oggi sta cercando risorse perché non ha fondi strutturali. La Sicilia può contare su questi ultimi, ma resta del tutto immobile”.
Il sistema va dunque rivisto affinché l’innovazione compia il suo intero percorso. E questo vale anche per l’innovazione sociale: “Il nostro welfare è prigioniero di un sistema critico e in Sicilia abbiamo perso la capacità progettuale- ha aggiunto Bonanno- iniziamo dal non disperdere le poche risorse che ci sono unificando sanità e sociale, che spesso hanno dei confini veramente labili. A che serve, per esempio, mantenere due assessorati analoghi alla Regione?”.
Anche l’ambiente e l’innovazione vanno a braccetto nei laboratori ad alto valore tecnologico. “La riqualificazione urbana dovrebbe passare dalla semplificazione e dai costi bassi”, ha detto Galvagna che ha anche illustrato l’esempio delle “facciate verdi” ormai apprezzati dopo i modelli lanciati da Boeri Studio.