Non parla sovente di politica ma quando esprime il suo pensiero, in particolare sulle sempre ‘scottanti’ questioni siciliane, lo fa, come sempre, con estrema chiarezza. Senza mezzi termini. Il vice presidente della Commissione nazionale antimafia, Claudio Fava, a Catania, la sua città, parla con BlogSicilia a margine di un interessante incontro su ‘donne e mafia: la rottura del patto’.
In Sicilia sta per concludersi la legislatura Crocetta. Quale il suo giudizio?
“Crocetta è il primo Presidente nella storia dell’umanità che fa una campagna elettorale all’opposizione di se stesso. È partito dicendo che qualcosa o qualcuno gli ha impedito di governare pure essendo lui il Presidente dotato di una robusta maggioranza. È un personaggio pre-politico più che politico. È stato capace di prendere le tragedie della Sicilia e farle diventare strumenti per commedie o per farsa…”.
Nessun giudizio politico dunque?
“Non c’è giudizio politico da dare, non c’è stata politica. Penso che in Sicilia, dopo un quarto di secolo attraversato dalle presidenze Cuffaro, Lombardo e Crocetta, ciascuna delle quali caratterizzata dal tentativo di conquistare e saccheggiare la Sicilia, questa tradizione vada interrotta”.
Il Movimento 5 Stelle può interrompere questa tradizione?
“Ci sono tanti bravi ragazzi ma credo che il messaggio ‘onestà onestà’ sia una precondizione. Ma se ci fermiamo ai certificati penali, alla celebrata onestà di noi stessi e non c’è però la capacità di costruire una agenda concreta, fattibile e verificabile di governo, c’è il rischio di avere una ‘toppa’ e non una soluzione. Io poi ho poca dimestichezza e poca fiducia di quei meccanismi di decisione politica che passano attraverso consultazioni sul web. Credo che la funzione politica sia anche quella di assumersi la responsabilità di fare sintesi, determinare scelte e non solo mettere in rete una domanda aspettando la somma delle risposte…”.
Quali allora le soluzioni per far ‘rialzare’ questa regione?
“È una domanda che dovrebbero farsi i siciliani non io. Il ceto politico di una comunità è espressione di quel territorio. Quando qui si candidarono Cuffaro e Rita Borsellino furono i siciliani ad eleggere Cuffaro non i marziani. Fecero una scelta che io non condivisi e che molti non condivisero ma la maggioranza dei siciliani condivise. Noi siamo il frutto delle conseguenze che noi stessi vogliamo”.
Nessuna speranza, allora, per l’Isola?
“Se vogliamo restituire limpidezza, nobiltà e allo stesso tempo efficacia alla politica dobbiamo iniziare a selezionare le nostre scelte e i nostri candidati con più scrupolo, meno attenzione ai rumori della pancia e alle circonferenze dell’ombelico e più attenzione a ciò che questa terra chiede di cui ha bisogno. La prima e ultima parola resta comunque ai siciliani. Questo è il prezzo e la bellezza della democrazia”.
Sulla vicenda di ‘Riscossione Sicilia’ che idea si è fatto?
“Non in mano le carte dei magistrati. Mi sembra un po’ irrituale che si creino aree di privilegio, se ci sono state aree di privilegio, per alcuni parlamentari o per alcuni notabili della politica mentre poi il comune cittadino si deve arrivare a casa una cartella esattoriale con le parole perentorie di un giudizio universale. Se davvero anche la riscossione è stata utilizzata con uno strumento per punire o per premiare, questo ci racconta davvero una Sicilia prossima al feudalesimo e mi auguro non sia così”.
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