Catania

Chiesa e Migranti, parla Monsignor Nino Raspanti Vescovo di Acireale

• Cominciamo da quelle brillanti.
• Per esempio due sacerdoti che hanno accolto nella loro casa canonica, uno ad Acireale e l’altro a Pozzillo, in un caso uno e nell’altro caso tre sedicenni. Si sono assunti un impegno molto gravoso, perché hanno dovuto provvederli di tutto, vestiario, alimentazione, ecc., (e su questo l’unico sostegno sono stati i parrocchiani); poi si sono assunti l’onere della educazione scolastica e seguirli in questo processo educativo, come fa ogni comune genitore. Elemento interessante è che si tratta in tutti e tre i casi di musulmani. Il ragazzo di Pozzillo al compimento del diciottesimo anno di età è passato a vivere a casa di due parrocchiane, sorelle, senza figli, che ormai chiama abitualmente zie.
• E che tipo di integrazione sociale ne è scaturita?
• Grande e positiva. Si tratta quasi sempre di giovani forniti di grande desiderio di conseguire obiettivi e dotati di molta disponibilità al sacrificio e alla fatica. In questo poco simili ai nostri conterranei. Insomma, si danno da fare in mille modi e ciò rende più facile l’integrazione nel nostro contesto urbano. Hanno anche ideali straordinari, pensano in grande: uno di questi vuole andare a studiare in una importante scuola di economia a Londra. Cerchiamo di aiutarli come possiamo.
• E quelle meno “brillanti”?
• Sono le esperienze delle nostre famiglie: c’è chi ha paura, c’è chi è diffidente. Però, quasi sempre, dopo l’iniziale atteggiamento difensivo, si aprono perché li vedono non solo per strada, ma anche frequentare la parrocchia e, quindi, cominciano a percepirli come fratelli.
• Qualche esempio significativo?
• A gennaio per la Festa del migrante organizziamo momenti di grande convivenza, privilegiando le aggregazioni per etnie. Quest’anno l’abbiamo fatta con i Cingalesi ad Acicastello, abbinandola alla festa patronale di san Mauro del 15 gennaio. Quindi loro hanno partecipato ad una nostra ricorrenza, sia ai momenti liturgici sia a quelli più conviviali, gestiti insieme con la degustazione di prodotti tipici. Sono venuti tutti, sia i cattolici che i musulmani; ma non vi è stato alcun problema di convivenza e condivisione.
• Ed esperienze di pastorale?
• Vi sono bambini che frequentano il catechismo in varie parrocchie, perché fanno già parte di famiglie cristiane. Ma, per esempio, in una parrocchia di Macchia di Giarre, al cui interno si trova un Centro di accoglienza, ho acconsentito che si avviasse una esperienza di iniziazione cristiana. Si tratta di sei/otto sedicenni che hanno chiesto di ricevere il battesimo, provenienti da esperienze religiose orientali, non islamiche. Hanno iniziato il percorso con il parroco; vedremo se potrà concludersi nella notte di Pasqua con l’amministrazione del battesimo.
• E poi?
• Esperienze similari si stanno svolgendo nelle carceri della Diocesi ove si trovano giovani stranieri che hanno chiesto di essere battezzati. Ho ascoltato storie tristissime, di persone dotate di titolo di studio, di grandi conoscenze, che, giunte in Libia, avendo finito tutti i soldi, si sono imbarcati accettando di collaborare con lo scafista di turno. In Italia sono finiti in galera ed attendono pazienti il giorno in cui potranno riprendere nelle mani il loro futuro. I responsabili dei Centri di accoglienza, i parroci, i fedeli sanno che quando c’è una minima domanda per fare o proseguire una esperienza cristiana, noi come Curia, siamo disponibili a sostenerli e accompagnarli.

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