Stato di mobilitazione nazionale per la cenere dell’Etna. Nonostante Roma confermi che la ricaduta dei residui delle eruzioni vulcaniche non possa essere considerata una emergenza, come già avvenuto in passato, opta per un intervento diverso attraverso la dichiarazione dello stato di mobilitazione nazionale
“Apprendiamo con piacere che il governo nazionale ha accolto la nostra richiesta della dichiarazione dello stato di mobilitazione, da me formulata in subordine a quello di crisi ed emergenza, per supportare i Comuni del Catanese nella rimozione della cenere caduta dall’Etna. Siamo assolutamente certi che, come sempre, gli interventi saranno immediati per poter aiutare subito le comunità etnee” commenta il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.
La precisazione
Nei giorni scorsi Schifani aveva precisato di aver ben chiara la situazione e che nella nota inviata al dipartimento nazionale della Protezione civile, in merito ai danni causati dalla cenere dell’Etna, si ribadiva chiaramente che la richieste riguardava la dichiarazione dello stato di crisi e di emergenza o, in subordine ,quello di mobilitazione, lasciando al governo nazionale la scelta ritenuta più idonea per supportare il sistema regionale.
La presa di posizione indiretta di Musumeci
La precisazione era arrivata dopo una dichiarazione del Ministro Nello Musumeci dalla quale si intuiva chiaramente che la cenere dell’Etna non è considerata una emergenza. Chi vive alle pendici di un vulcano attivo lo sa bene. Capita periodicamente, non può essere considerata un evento eccezionale. la dichiarazione arrivava nelle ore in cui si preparava la richiesta di ricorso allo stato di emergenza invocato dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, etneo anche lui.
La richiesta di Schifani
La lettera di schifani era arrivata qualche ora dopo e chiedeva al dipartimento della Protezione civile nazionale la dichiarazione dello stato di crisi e di emergenza per i danni e la rimozione della cenere vulcanica ricaduta sui territori del Catanese a causa dei forti e ripetuti fenomeni parossistici dell’Etna, tra il 4 luglio e il 14 e 15 agosto o, in subordine, proprio lo stato di mobilitazione nazionale.
Schifani, infatti, sa bene che già altre volte lo stato di emergenza è stato bocciato. Se non fossero ritenuti presenti i requisiti necessari, in alternativa, il governatore siciliano richiedeva lo “stato di mobilitazione del servizio nazionale di Protezione civile a supporto del sistema regionale, al fine di attivare ogni possibile iniziativa per la rimozione del materiale vulcanico, la messa in sicurezza del territorio interessato, la mitigazione dei rischi e l’assistenza alla popolazione colpita”. Questo dice la richiesta inviata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, firmata da Schifani e dal direttore generale del dipartimento regionale della Protezione civile, Salvo Cocina.
Schifani, “Occorre azione urgente e straordinaria”
“Occorre un’azione urgente e straordinaria – afferma il presidente Schifani – per rimuovere la cenere da suoli e coperture, tutelare le attività economiche e preservare la salute dei cittadini. Chiediamo a Roma di intervenire perché con i fondi regionali e i mezzi a disposizione dei Comuni siciliani occorrerebbe oltre un mese di tempo per eliminare il materiale vulcanico. Troppo per far fronte ad eventuali altri fenomeni o all’’occlusione delle vie di smaltimento delle acque in caso di pioggia. Con quanto a nostra disposizione attualmente non è possibile garantire la necessaria tempestività”.
La Regione ha già stanziato un milione per i Comuni
Qualche giorno fa Schifani ha assicurato proprio al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, la disponibilità del governo regionale a recuperare ulteriori risorse per far fronte all’emergenza.
Nel documento si rammenta che la Regione ha già stanziato un milione di euro destinato ai Comuni per la raccolta e la rimozione del materiale vulcanico dal suolo, ma che tale cifra appare insufficiente di fronte a una spesa necessaria stimata in almeno 7,5 milioni, se non di più, visto che i fenomeni parossistici continuano a ripetersi. Altri 30 milioni sarebbero necessari per i danni alle coperture degli edifici pubblici e ai sistemi di smaltimento delle acque. A ciò vanno aggiunti danni diretti e indiretti alle attività economiche, calcolabili in centinaia di milioni di euro.
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