“Crocetta non può revocare alcunchè”, avevano scritto da Confcommercio sibillinamente poche ore dopo lo stop all’accorpamento della Supercamera di Commercio avanzato dal governatore, ma il dubbio sulle ragioni di questa presa di posizione era rimasto.
Si era ipotizzato che sarebbe stato necessario un passaggio legislativo o il parere dei commissari (Catania e Siracusa) e del Consiglio camerale di Ragusa. Ma erano solo ipotesi.
Stamani la cordata che fa capo a Confcommercio, incontrando la stampa, ha chiarito le ragioni di quella obiezione anticipando che è pronta a tutelarsi in sede legale: “Stiamo valutando”, hanno detto più volte riconoscendo però di attendere l’esito della Conferenza Stato Regioni invocato dal ministro Carlo Calenda.
Secondo l’area di Confcommercio “contano gli atti ufficiali che sostanziano, ad oggi, l’iter di accorpamento che ha origine dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 Settembre 2015 “Istituzione della Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura di Catania, Ragusa e Siracusa della Sicilia orientale” e si conclude con il Decreto Presidenziale emanato da Crocetta di Costituzione e composizione del Consiglio Camerale a seguito dell’emanazione del D.P.R. n. 694 del 30.12.2016. A meno che chi ha emanato, smentisca se stesso...”.
Non è la sola stilettata nei confronti di Crocetta, “perché l’attuale legge – dicono – non consente a Siracusa (ed il braccio di ferro è tutto qui ndr) di poter avere una propria Camera non accorpata”.
Le sigle legate a Confcommercio tuonano: “Lo dovrebbero sapere Crocetta e l’assessore Maria Lo Bello che hanno chiesto, in tal senso, il parere al ministro, e lo dovrebbe sapere, ma non ne siamo sicuri, lo stesso ministro che rimbalza la palla alla Conferenza Stato Regioni il cui parere, qualunque esso sia, non supera l’attuale normativa. A meno che non si presenti un disegno di legge che modifica i requisiti minimi di sussistenza delle Camere di Commercio previsti dal decreto Madia”.
Ma c’è di più. Ciò che la cordata di Confcommercio teme in modo particolare è il fattore tempo: se si arrivasse a fine del prossimo mese di giugno senza accorpamento, in virtù della riforma Madia, il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, avendone titolo per legge “può ridisegnare a suo piacimento i territori – spiega Riccardo Galimberti, numero uno di Confcommercio Catania -. Potrebbe, accorpare Siracusa e Ragusa, lasciare Catania da sola, unirla a Messina. Non lo sappiamo e non abbiamo alcun ruolo, che dal punto di vista democratico, sembra una bestemmia…”.
Secondo le sigle rappresentate oggi, oltre che da Galimberti anche da Salvo Politino (Confesercenti Ct), Enzo Buscemi (Confcommercio Rg), Giovanni Pappalardo (Coldiretti Ct) e Michele Marchese (Casartigiani Sr), “la legge, sia nella vecchia stesura che nella nuova, consente alla provincia etnea di poter conservare la propria Camera di Commercio senza dover procedere ad alcun accorpamento, in quanto il numero delle imprese attive iscritte alla Camera di Catania supera di gran lunga il minimo previsto dalle normative (prima 80.000 ora 75.000), e, se ciò non bastasse, perché è Città Metropolitana”.
Insomma il caso CamCom (come tante altre recenti riforme) è un pantano di burocrazia sfociata anche in un’inchiesta giudiziaria e proprio su quest’ultima Galimberti specifica: “I numeri presentati (relativi alle aziende iscritte alle associazioni di categoria ndr) sono stati valutati dagli enti competenti, quanto al reato per cui sono indagato attendo che la procura mi convochi”.
Proprio su cifre, aziende ed associazioni, altri dubbi sono stati sollevati nel corso dell’incontro con i giornalisti: “Come Confcommercio – ha detto ancora Galimberti – abbiamo dichiarato che, in base a notizie a cui fa riferimento lo stesso assessore Mariella Lo Bello, in sede di controllo sarebbero state segnalate oltre 3.800 imprese negli elenchi di due associazioni artigiane aderenti alla cordata contrapposta alla nostra. Notizie che peraltro sarebbero già state trasmesse all’autorità giudiziaria”. Ma questa è un’altra puntata.