È stato assolto oggi a Milano dall’accusa di aver violato un decreto sulle misure di prevenzione Vincenzo Pandetta, in arte Niko – trapper siciliano di 32 anni ed anche ex cantante neomelodico – già detenuto in esecuzione di una condanna definitiva per spaccio ed evasione e finito spesso al centro di polemiche per i testi delle sue canzoni tra cui una, ad esempio, intitolata ‘Dedicata a te’ e scritta per lo zio, il boss catanese Salvatore Cappello, al 41bis dal 1993.
Pandetta, davanti al giudice Nunzio Buzzanca della terza penale, era imputato perché, secondo la Procura milanese, avrebbe violato il decreto sulle misure di prevenzione. Ovvero, come si legge nell’imputazione, malgrado fosse stato sottoposto ad un “avviso orale” del questore di Catania nel 2015 “possedeva un telefono cellulare”. Cosa non permessa proprio sulla base della misura di prevenzione applicata. E proprio per questo motivo quel telefono, nell’ottobre 2020, gli era stato sequestrato.
La Corte costituzionale, però, ha fatto notare il suo legale, l’avvocato Niccolò Vecchioni, con una sentenza dello scorso febbraio ha dichiarato “illegittima la norma del codice antimafia che consentiva al questore di vietare l’utilizzo di ‘apparati di comunicazione radiotrasmittenti’ a soggetti ritenuti socialmente pericolosi”. Questa disposizione, ha chiarito il legale, “confligge” con il “principio di libertà di comunicazione” sancito dalla Costituzione.
Per questo la difesa “sulla scorta di questa sentenza” ha chiesto “l’immediato proscioglimento” di Pandetta. E il giudice oggi lo ha assolto, disponendo anche la restituzione del telefono.
Ad aprile Niko Pandetta è stato trasferito dal carcere di Milano a quello di Siracusa. Il cantante sta scontando una condanna definitiva a quattro anni di carcere per spaccio di droga. Accolta la richiesta della difesa del cantante neomelodico, affidata all’avvocato, Maria Chiaramonte, per l’avvicinamento in Sicilia in modo da consentirgli di vedere più facilmente i suoi familiari.
Diversi gli imputati del processo, tutti condannati con pene tra che vanno dai 4 ai 7 anni di carcere. Per gli altri imputati invece la Cassazione ha dichiarato irrevocabile la responsabilità penale sui reati di droga contestati ma ha rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Catania per rideterminare la pena finale. Questo per effetto dell’annullamento stabilito dai giudici di legittimità limitatamente all’aggravante mafiosa.