La morsa degli incendi non vuole mollare la sua presa sulla Sicilia e questa notte è toccato ad una riserva naturalistica del Nisseno. Le fiamme hanno divorato ettari ed ettari di macchia mediterranea all’interno della riserva delle Biviere a Gela. Si parla di un vero disastro ambientale se si considera la varietà di flora e fauna in tutta l’area.

Operazioni di spegnimento difficili

Ad intervenire diverse squadre dei vigili del fuoco e la protezione civile. Il forte vento non ha sicuramente aiutato gli operatori antincendio che hanno dovuto lottare tutta la notte per spegnere tutto. Per questa zona si tratta dell’ennesimo incendio di questo tipo. Qualche mese fa ci fu un altro rogo violento che incenerì altri ettari di macchia mediterranea. Il Biviere di Gela è il più grande lago costiero della Sicilia e costituisce una delle più importanti zone di sosta e svernamento per numerose specie di uccelli migratori.

I roghi del 2018

A ritornare alla mente l’altrettanto terribile estate del 2018 quando si verificarono diversi incendi di natura dolosa che divamparono all’interno della riserva naturale orientata, nelle campagne a est di Gela. A gestire l’area sono i volontari della Lipu. Quell’estate ci furono ben 4 incendi con il bilancio della distruzione di un quinto dei 330 ettari di habitat per uccelli acquatici che qui sostano durante le loro migrazioni. Si parlò di “un attacco mirato eseguito da professionisti, che hanno agito dove i parafuochi finivano”.

La storia della riserva

La riserva naturale orientata Biviere di Gela è un’area naturale protetta situata nel comune di Gela, in provincia di Caltanissetta, istituita nel 1997. Il lago un tempo era chiamato Cocanico e vi si estraeva il sale essiccato nei bordi dello stagno. L’area su cui sorge la riserva era, fino al Cinquecento, un ambiente salmastro paludoso. Nel 1991 è stata dichiarata zona umida di importanza internazionale riconosciuta dalla “Convenzione di Ramsar”. La riserva comprende la zona strettamente circostante il lago Biviere, un lago incassato tra le dune del golfo di Gela, ad appena un chilometro e mezzo dal mare, dal quale, in passato, era in gran parte alimentato.

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