I magistrati ipotizzano un’unica mano

Proiettile spedito al capo della squadra mobile di Caltanissetta che indaga sul caso Montante

Ancora una nuova intimidazione. Stavolta un altro proiettile è stato recapitato con una busta anonima, questa volta al capo della squadra mobile di Caltanissetta, Marzia Giustolisi, che lavora al fianco dei pm nisseni nella delicata indagine sul leader degli industriali Antonello Montante accusato di aver creato un’associazione a delinquere.

Dieci giorni fa, una busta con un proiettile era stata inviata al procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone. Quasi in contemporanea, un altro proiettile calibro 7,65 era stato recapitato al presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava, pure lui impegnato in queste settimane sul caso Montante, attraverso delicate audizioni.

Ora, ci sono tre procure che si occupano di questa scia di minacce. Palermo segue il caso Fava, Catania si occupa delle minacce a Bertone, Caltanissetta indaga sull’ultimo episodio.

I magistrati ipotizzano un’unica mano, almeno per i primi due episodi. Ma cosa c’è dietro? Chi sta provando a intossiscare il clima mentre e’ in corso a Caltanissetta l’udienza preliminare che vede indagati Montante e alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine e dei servizi segreti?

E le indagini sono tutt’altro che concluse, proprio nei giorni scorsi gli investigatori della squadra mobile diretta da Marzia Giustolisi sono andati all’assessorato regionale alle Attività produttive, per acquisire le carte di nomine e finanziamenti in occasione di Expo 2015, che avrebbero favorito – questa la tesi dell’accusa – il cerchio magico di Montante. Una storia ancora da scrivere, mentre sull’inchiesta aleggia l’ombra di almeno due talpe istituzionali ancora senza nome. Il capo della security di Confindustria, Diego Di Simone, fedelissimo di Montante, si vantava nelle intercettazioni di avere un “uomo all’Avana”, che spiava le mosse dei magistrati e dei poliziotti di Caltanissetta.

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