Sono stati dichiarati prescritti i reati di concorso esterno in associazione a delinquere e rivelazione di notizie riservate per il presidente della Regione siciliana Renato Schifani. Lo ha annunciato, a inizio udienza, il presidente del collegio del cosiddetto maxiprocesso di Caltanissetta al ‘cerchio magio’ dell’ex presidente siciliano degli industriali Antonello Montante.
Schifani è accusato di una presunta fuga di notizie durante le fasi delle indagini che svolgeva la squadra mobile di Caltanissetta.
Per la procura nissena le accuse nei confronti del presidente della Regione, Renato Schifani non sarebbero ancora prescritte. Il termine ultimo, secondo il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso scatterà ad ottobre prossimo. Ma per il tribunale, presieduto da Francesco D’Arrigo, come annunciato nelle scorse udienze, la prescrizione è invece già scattata. Oggi l’ufficialità.
Nel ”maxiprocesso” sono alla sbarra, oltre all’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, ex presidente di Confindustria Sicilia, l’ex presidente della Regione Rosario Crocetta, gli ex assessori Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex commissario Irsap Maria Grazia Brandara, gli imprenditori Giuseppe Catanzaro, Rosario Amarù e Carmelo Turco, Vincenzo Savastano vice questore aggiunto all’epoca dei fatti della Polizia presso l’ufficio di frontiera di Fiumicino, Gaetano Scillia capocentro Dia di Caltanissetta dal 2010 al 2014, Arturo De Felice, direttore della Dia dal 2012 al 2014, Giuseppe D’Agata, colonnello dei carabinieri, e Diego Di Simone Perricone, ex capo della security di Confindustria.
Ma anche l’ex direttore dell’Aisi Arturo Esposito, il caporeparto dell’Aisi Andrea Cavacece, il ”re dei supermercati” Massimo Romano, il tributarista Massimo Cuva, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, il sindacalista Maurizio Bernava, gli imprenditori del settore sicurezza Andrea e Salvatore Calì, Rosetta Cangialosi, Carmela Giardina e Vincenzo Mistretta (tre dipendenti di Montante), il poliziotto Salvatore Graceffa; il dirigente di Confindustria Carlo La Rotonda; il maggiore della guardia di finanza Ettore Orfanello; il luogotenente Mario Sanfilippo e il colonnello dei carabinieri Letterio Romeo.
L’ex paladino dell’antimafia, secondo gli inquirenti, avrebbe messo in piedi un vero e proprio ”sistema” di potere, ideato e attuato ”grazie a una ramificata rete di relazioni e complicità intessuta con vari personaggi inseriti ai vertici dei vari settori delle istituzioni”. Inoltre sarebbe stato al centro di una attività di dossieraggio realizzata, anche grazie a complicità eccellenti, attraverso l’accesso alla banca dati delle forze dell’ordine e finalizzata a ricattare ”nemici”, condizionare attività politiche e amministrative e acquisire informazioni su indagini a suo carico. Grazie ai suoi contatti e all’influenza che esercitava in alcuni ambienti istituzionali, l’imprenditore avrebbe creato una sorta di rete spionistica: in cambio di favori, esponenti delle forze dell’ordine gli avrebbero dato informazioni su inchieste a suo carico, dritte sui ”nemici”, consentito di avere pile di dossier su personaggi influenti.