Momenti di tensione nell’aula bunker di Caltanissetta tra l’ex presidente di Sicindustria Antonello Montante, imputato di corruzione, e il giornalista Attilio Bolzoni che si è rivolto alla corte d’appello denunciando “l’inaccettabile modo di fare dell’ex leader di Confindustria Sicilia”.
Attilio Bolzoni ha poi spiegato: “Montante ha tutto il diritto di difendersi. Io avrei dato a Montante anche 400 udienze per difendersi. Il problema è che si è difeso per meno di 56 minuti per il resto ha solo insultato gli altri. La Corte gli ha consentito di parlare di tante cose ma meno di un’ora dei capi di imputazione”.
E proprio mentre Bolzoni stava rilasciando le dichiarazioni ai giornalisti dopo il processo è stato interrotto dall’avvocato di Montante, Carlo Taormina, con il quale è nata una nuova animata discussione. “Cerchi di essere educato” ha detto Taormina a Bolzoni ha risposto “non sei in un talk show ma ad un processo”.
Bolzoni ha continuato: “Ad un certo punto del processo Montante ha detto aspetto le vostre querele la mia risposta in aula, ammetto assolutamente irrituale, è stata ‘guardi che lei ha ricevuto un avviso di conclusione indagini per diffamazione aggravata proprio per le stesse cose che sta dicendo’. La risposta della presidente è stata molto garbata, ma mi ha richiamato, io ho continuato dicendo che ho una mia reputazione e non posso farmi infangare per quattro lunghe udienze e poi ho chiesto scusa alla Corte come era giusto”.
Taormina ha sottolineato: “Non si può parlare di reati in un processo come questo perché chiedo a tutti, Bolzoni compreso, quali sono. Finora non ne ho sentito solo uno. Ormai c’è un tale clima di odio e risentimento, forse perché il processo sta volgendo a favore di Montante, per cui nessuno riesce ad essere equilibrato. Se un giorno Bolzoni ci dicesse chi gli ha dato la notizia dell’indagine a carico di Montante su concorso esterno in associazione mafiosa ci farebbe un bel favore e riscatterebbe una magistratura che è sospettata, perché c’era un nome criptato che lui conosceva”.
È spuntata una mail nel corso dell’udienza del processo. La mail, tirata fuori dallo stesso imputato, nel corso del controesame da parte dell’avvocato di parte civile Annalisa Petitto, sarebbe stata inviata dall’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e teste chiave del processo, a Linda Vancheri, ex assessore regionale nella giunta Crocetta e persona vicinissima a Montante, il 19 febbraio 2015, dieci giorni dopo un articolo su un’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’ex leader di Sicindustria.
“La verità è solo una – si legge in un passaggio della lettera – non hanno né dignità né penne per scrivere di un grande uomo, Antonello Montante, un uomo che dimostrerà per sempre, e sarà così, cosa significa orgoglio, legalità vera, qualità, coraggio, intraprendenza amicizia, spessore, intelligenza, capacità etc.”. Qualche mese dopo, a settembre del 2015, lo stesso Cicero si presentò in Procura a Caltanissetta per denunciare il cosiddetto “Sistema Montante”.
L’avvocato Carlo Taormina, legale di Montante, insieme a Giuseppe Panepinto, parla di “passaggio del Rubicone” da parte di Alfonso Cicero e dell’imprenditore Marco Venturi. “E’ una presa di posizione di chi a un certo punto – ha dichiarato Taormina – per un verso e per un altro si è trovato in grande difficoltà. Cicero si è trovato in grande difficoltà perché pensava di essere stato abbandonato rispetto alla sua ennesima scalata all’Irsap e Venturi stava consumando un momento giudiziario molto complicato che risulta dal verbale del 1 maggio del 2015”.
“Per quattro udienze Montante ha detto che le costituzioni di parte civile nei processi per mafia dell’Irsap sarebbero state possibili solo in virtù dell’iscrizione dello stesso Irsap a Confindustria. Oggi abbiamo dimostrato, documenti alla mano, che già prima dell’adesione a Confindustria, avvenuta il 4 aprile 2014, l’Irsap il cui presidente era Alfonso Cicero, si era costituita parte civile nel processo ‘Colpo di Grazia’ a Caltanissetta, tra i cui imputati c’era anche il collaboratore Dario Di Francesco (ex dipendente dell’Asi di Caltanissetta) e in altri processi di mafia in Sicilia” Lo ha dichiarato l’avvocato Annalisa Petitto, legale dell’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile del processo sul Sistema Montante che si celebra con rito abbreviato dinanzi alla Corte d’Appello di Caltanissetta, al termine dell’udienza di oggi.
“Montante non ha dato spiegazioni circa la sua mail inviata a Cicero il 16 settembre 2014 – ha continuato l’avvocato Petitto – in cui riteneva il pentimento di Dario Di Francesco un falso pentimento perché dietro a questa collaborazione c’era l’imprenditore Pietro Di Vincenzo che lo finanziava. Non ci ha detto da quali fonti giudiziarie traeva dette affermazioni e ci ha confermato che di questo fatto non ha mai notiziato le Procure. Sebbene per quattro udienze abbia detto che la relazione secretata, depositata da Cicero alla commissione nazionale antimafia il 10 luglio 2014, sia stata scritta da Cicero e Montante a casa dello stesso Montante, oggi non ha saputo riferire neanche uno dei fatti di mafia e delle iniziative contro la mafia che in quella relazione sono contenute ed è stato costretto a rettificare le sue precedenti dichiarazioni ammettendo di non aver redatto con Cicero la detta relazione”.
“Montante ha più volte dichiarato di non essere mai stato a conoscenza del fatto che tra le varie tecniche di indagine utilizzate da Di Simone ci fosse quella dell’accesso allo Sdi”. Lo ha dichiarato l’avvocato Carlo Taormina, legale di Antonello Montante.
Il riferimento è a Diego Di Simone Perricone, ex capo della Security di Confindustria nazionale, anche lui imputato nel processo e condannato a sei anni e quattro mesi con l’accusa di avere passato, per oltre sette anni consecutivi, delle notizie riservate a Montante. Notizie, che secondo la ricostruzione dell’accusa, sarebbero state prese dallo Sdi, il sistema informativo del ministero dell’Interno e da altre banche dati, e che riguardavano le vicende personali e giudiziarie dei ‘nemici’ di Confindustria.
“Abbiamo le relazioni di servizio che venivano redatte da Di Simone – ha continuato Taormina – da cui risulta chiaramente che non svelava le fonti. Perché era un personaggio estratto dalla Polizia di Stato, un personaggio anche importante, e aveva una serie di fonti alle quali attingeva. E poi non dimentichiamo che ci sono state sistematiche correlazioni con le forze dell’ordine e con la magistratura da parte di Montante e dei suoi delegati che naturalmente fanno pensare a tutti che le notizie potessero venire anche da quelle fonti. Non lo possiamo dire ufficialmente perché non ci sono persone ufficialmente incriminate in questo processo né tra magistrati né tra forze dell’ordine però la convivenza che si era istituita tra Montante, magistratura e le forze dell’ordine era tale per cui risultava normale. Anche perché teniamo presente che per poter capire chi erano coloro che erano iscritti o volevano iscriversi alle varie Confindustria bisognava avere dei canali per capire di chi si trattava. Non è un caso che a capo della security sia stato scelto un uomo della polizia e che poi abbiamo trovato quello che abbiamo trovato”.
Taormina ha poi aggiunto: “Chiedo ai giornalisti che seguono la vicenda Montante qual è il reato del quale deve rispondere. Noi conosciamo un po’ le carte dei processi e le vicende e non riusciamo a trovare reati. Se ci aiutate voi ci fate una cortesia”.
L’imprenditore nisseno Marco Venturi, ex assessore regionale, annuncia querele per diffamazione. “In relazione al contenuto delle dichiarazioni spontanee rese da Antonello Montante sabato ultimo scorso nel processo di appello che lo riguarda, lo scrivente – per le circostanze assolutamente distorte e totalmente destituite di fondamento che l’imputato ha riferito – ha dato mandato al proprio legale per sporgere denuncia nei suoi confronti per i reati di calunnia e diffamazione”.
Venturi si riferisce alle dichiarazioni rese nella scorsa udienza del processo sul “Sistema Montante” dell’ex leader di Confindustria Sicilia. Montante avrebbe tirato in ballo Venturi relativamente a diverse vicende tra le quali una presunta intercettazione con la moglie e un rapporto con Vincenzo Arnone, ritenuto esponente della famiglia mafiosa di Serradifalco. Oggi il processo continua all’aula bunker di Caltanissetta con l’interrogatorio di Montante delle parti civili.