Trafficavano in droga e armi i 10 affiliati alla cosca Rinzivillo di “cosa nostra” gelese arrestati nel corso della notte dalla squadra mobile di Caltanissetta in esecuzione di altrettanti ordini di custodia cautelare emessi dal gip del tribunale su richiesta della Dda nissena, nell’ambito dell’operazione denominata “Mutata Arma”.
I provvedimenti sono stati notificati a Salvatore Graziano Biundo, di 38 anni, Orazio Davide Faraci detto “Davidino”, di 24 anni, Davide Pardo, di 37 anni, tutti già in stato di detenzione, a Massimo Castiglia, di 38 anni, Alberto Di Dio, di 25 anni, Angelo Gagliano, di 27 anni, , Carmelo Vella, inteso Franco di 57 anni, e ai figli Graziano, di 30 anni, già agli arresti domiciliari, e Majch di 32, nonchè a Rosario Vitale, detto “Dodò”, di 28 anni.
Sono ritenuti responsabili a vario titolo associazione a delinquere finalizzata alla detenzione, traffico e spaccio di stupefacenti e all’alterazione – rendendo idonee allo sparo armi giocattolo o a salve – alla vendita, cessione di armi comune da sparo,con l’aggravante di avere commesso i fatti al fine di agevolare l’associazione mafiosa denominata “cosa nostra” operante a Gela e nel resto del territorio siciliano”.
Le indagini della squadra mobile di Caltanissetta, diretta dal vice questore Marzia Giustolisi, sono cominciate nel 2013, quando Roberto Di Stefano iniziò a collaborare con la giustizia fornendo informazioni su cosche, famiglie e personaggi che sapevano modificare armi e trafficavano droga.
Davide Pardo (nipote del pentito) e Giuseppe Schembri, secondo l’accusa, sarebbero ai vertici del gruppo, organicamente inserito nel clan Rinzivillo.
Entrambi figurano imputati nelle precedenti operazioni antimafia “Malleus” e “Fabula” che si sono concluse con numerose condanne. Tra gli arrestati di oggi spicca il ruolo di Carmelo Vella e dei suoi figli, Majch e Graziano che risulterebbero i meccanici, autori delle trasformazioni delle armi giocattolo in armi vere.
I Vella le cedevano poi a Pardo e a Faraci che provvedevano a smerciarle ma anche a fornire i pezzi di ricambio necessari, acquistandoli insieme alle munizioni nel mondo della criminalità catanese. Anche se Di Stefano oggi non è più collaboratore di giustizia, le perquisizioni eseguite durante l’operazione della scorsa notte hanno permesso di sequestrare cartucce e parti meccaniche (molle e canne) delle armi modificate in laboratorio.
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