Lo stupro non è stato provato. Così per un postino di 67 anni di Caltanissetta, arriva l’assoluzione. Decadono dunque le accuse a carico dell’uomo che era stato accusati di essere un presunto stupratore e stalker ma per il giudice non lo era. Lo ha sancito il processo celebrato a suo carico.
L’uomo, un postino 67enne nisseno, ha rischiato otto anni di carcere. Tanti ne aveva chiesti, infatti, l’accusa al termine della requisitoria durante il processo a suo carico. Ma alla fine per un sessantasettenne, così come chiesto dall’avvocata Maria Francesca Assennato, è arrivato un verdetto di non colpevolezza. L’uomo è stato dunque scagionato dall’accusa dei pm che avevano avanzato le ipotesi di violenza sessuale continuata, atti persecutori e lesioni personali. Il tribunale lo ha assolto per quella che un tempo veniva indicata come insufficienza di prove.
Una sentenza di non doversi procedere è stata emessa dai giudici del Tribunale di Siracusa nei confronti di un 53enne siracusano, finito sotto processo per violenza sessuale. Secondo la tesi della pubblica accusa, l’imputato, ormai prosciolto, che lavorava in una Comunità terapeutica assistita, Villa Mauritius, avrebbe abusato di due ospiti della struttura. La vicenda giudiziaria ha avuto inizio nel 2013 e durante il dibattimento una delle vittime ha reso la sua drammatica testimonianza in aula mentre l’altra è deceduta.
Nelle carte dell’inchiesta emerge un episodio contestato al 53enne, quello in cui una delle donne sarebbe stata violenta nella lavanderia: “dapprima la cingeva abbracciandola, quindi la accarezzava e la palpeggiava ripetutamente sul seno”, fino a quando si sarebbe consumato il rapporto contro la volontà della vittima. Nel corso del processo, c’è stato il colpo di scena, dopo che il difensore dell’imputato, l’avvocato Alessandro Cotzia, ha presentato un’eccezione, poi accolta dai giudici, al termine della Camera di consiglio, che, di fatto, ha chiuso il procedimento. E’ stata una segnalazione del titolare della struttura a consentire l’apertura di un’inchiesta della Procura di Siracusa, culminata con il rinvio a giudizio del 53enne, indicato come un operatore socio sanitario.
La difesa ha fatto emergere, attraverso le testimonianze e la produzione del contratto di lavoro con la Comunità terapeutica, che l’imputato svolgeva funzioni da operaio, in particolare era addetto alla pulizia delle camere e dei bagni, insomma “non era un incaricato di pubblico servizio” precisa l’avvocato difensore. Per cui, essendo diverso la status professionale, “il reato non è procedibile d’ufficio ma solo con una querela da parte delle persone offese e nessuna delle presunte vittime l’ha presentata” aggiunge l’avvocato Alessandro Cotzia. La stessa pubblica accusa, ha evidenziato, nel corso dell’udienza “il difetto della condizione di procedibilità”, sollecitando, dunque, il non doversi procedere per l’imputato.